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 2018  gennaio 30 Martedì calendario

Riappare pure il Duce, ma per finta

Eia eia alalà. «Eravate un popolo di analfabeti. Dopo ottant’anni torno e vi ritrovo un popolo di analfabeti...». 
Da un palco televisivo - dopo la mutazione da uomo del destino in illuminato divo da talk showun Benito Mussolini con la mascella volitiva, il cranio rasato e l’orbace ai pensieri rievoca l’inutilità di governare gl’italiani. Il solito popolo di spiriti fragili. È in questa scena inquietante che si raggruma l’esperimento antropologico di Lui è tornato, film di Luca Miniero sceneggiatoda Nicola Guaglianone in cui un redivivo Duce passeggia -non si come o perchéper Roma, gira l’Italia tra nostalgici, disillusi elettorale e potenziali astenuti e -resosi conto che la sua popolarità è ancora alle stelleriprogetta di «fare l’impero», aiutato da un giornalista che l’introduce all’arte del populismo televisivo. Alla vigilia d’una campagna elettorale pirotecnica per promesse e inesistente per realismo di contenuti -la nostra-, il Mussolini nelle sale, un roboante Massimo Popolizio. si adegua subito al momento storico. 
Canta in auto, patriotticamente a squaciagola L’italiano di Toto Cutugno (ma sobbalza alla strofa «un partigiano/come presidente»); si stupisce per gli smartphone e per gli «abissini» delle colonie -gli immigratiche hanno invaso l’Italia; si fa i selfie con la gente che lo ferma per strada, accoglie il saluto fascista (vero) di chi lo incrocia in Vespa; s’infila in un’edicola gestita da una coppia gay, preoccupato dall’idea di finire «ostaggio di due pederasti»; e cerca un dominio in Internet ma «Mussolini» è già occupato e «Onore e rispetto» è una fiction con Gabriel Garko. 
In più, il nuovo Duce 2.0, resosi conto d’aver perso la guerra («Mi hanno umiliato, fucilato, impiccato»), proclama pubblicamente la propria aspirazione alla dittatura. E il bello è che non subisce reazioni rabbiose, ma l’accoglienza che si riserva agli interpreti svelati di una candid camera. Di più. Tallonato da una telecamera da reality, Benito blocca gli ignari passanti; e discute con loro della situazione politica, economica, internazionale; e analizza con zelo molto antieuropeista la situazione stessa del Vecchio Continente: «L’Europa è stata spartita come una carcassa di bue tra due macellai: quella ultracapitalista e quella stalinista...». E, in tutto questo, il nostro revenant non propone, naturalmente, alcuna soluzione ai problemi del Paese, sebbene il suo populismo invincibile irretisca, ancora una volta, le folle. 
In Germania, l’anno scorso, uscì la pellicola di riferimento dell’opera di Miniero, la tedesca Lui è tornato, tratta a sua volta da un libro di Timur Vernes. Pellicola dove il ritornante era Hitler che si doleva del fatto che la Germania avesse per cancelliere la Merkel, una donna. Scoppiò un caso nazionale. I media insorsero all’idea di un recupero, pure se in chiave umoristica, del Führer. Ma in Germania Alternative für Deutschland, l’estrema destra con simpatie naziste di Bernd Lucke è il terzo partito; e le nuove generazioni, specie nell’ex blocco sovietico hanno pericolosamente superato il complesso di colpa dell’Olocausto, revisionando sempre più spesso l’influenza del Terzo Reich sulla loro storia. 
Lui è tornato, remake in chiave italica di quel film, è assai diverso. Non insinua angoscia, ammanta la figura di Mussolini quasi d’una grottesca simpatia. Al punto che lo stesso regista afferma: «Se Mussolini oggi tornasse, vincerebbe le elezioni, salci poi sopo due anni vedere cadere il proprio governo». In realtà Sono tornato è un film godibile, e molto furbo. Nasconde dietro la metafora del Duce un j’accuse contro le figure populiste: appaiono, in sequenze di repertorio, Grillo, Salvini e Berlusconi, ma anche Craxi e Renzi. Ed è come se quella macchietta in orbace, fez, stivali e galloni fosse un sottile strumento di pervasione elettorale, non necessariamente di destra, anzi. Non credo che l’intento degli autori sia del tutto politico. Anzi, credo che l’uscita di un’operella del genere -godibile ma non indimenticabilealla vigilia d’un voto politico vibratile e confuso, sia una prova di cazzeggio autorale e, al contempo, il calcolo di puro marketing cinematografico. Certo, poi, sull’analfabetismo di ritorno degl’italiani, potremmo aprire un dibattito...