il Giornale, 31 gennaio 2018
Uno choc liberale: pagare meno per pagare tutti
Pagare meno per pagare tutti: questo è lo choc fiscale che realizzeremo appena arrivati al governo. Il centrodestra unito, primo e con largo margine di vantaggio secondo tutti i sondaggi in circolazione, si appresta a vincere le prossime elezioni politiche. Con noi a Palazzo Chigi, finalmente, ripartirà il Paese, l’economia, la crescita.
Ridaremo speranza ai cittadini italiani.
La proposta principe di Forza Italia in questa appassionante campagna elettorale è la flat tax. Una vera e propria rivoluzione per il fisco, per le famiglie, per le imprese. Un nuovo modo di intendere il rapporto cittadino-Stato. Pagare meno per pagare tutti, appunto.
Roberto Perotti, con consueta ma un po’ arrugginita puntualità, ha segnalato ieri, con un pezzo pubblicato da la Repubblica, i rischi (secondo lui) connessi alla introduzione in Italia di un’imposta ad aliquota piatta. In particolare, ha sottolineato il tema dei costi della flat tax e delle relative coperture. Dispiace dirlo, ma il professor Perotti deve aver studiato poco nelle ultime settimane: il suo articolo non solo è fuorviante politicamente e pieno di pregiudizi quasi ideologici, ma contiene innumerevoli errori tecnici sulle proposte in campo.
Limitandomi a quella avanzate da Forza Italia – non avrei titolo, infatti, per occuparmi delle indicazioni di altre forze politiche – vorrei segnalare, in premessa, come Roberto Perotti per un verso non difenda affatto, come avrebbe potuto, l’indifendibile (perché complicato, opaco, inefficiente ed iniquo) sistema fiscale vigente e per altro verso non possa fare a meno di riconoscere i vantaggi di una soluzione del tipo flat tax.
Vantaggi in termini di semplicità, trasparenza, efficienza ed equità che non ricordiamo qui ma che sono sintetizzati in un agile recente volumetto a firma del professor Nicola Rossi (Flat tax, Marsilio). È questa una premessa importante perché equivale a riconoscere che la direzione indicata, da Forza Italia e da tutto il centrodestra, è corretta purché venga seguita garantendo il pieno rispetto degli equilibri di finanza pubblica e mettendo ogni attenzione nella definizione dei dettagli.
E, del resto, dovrebbe far riflettere il fatto che anche altre forze politiche hanno messo all’ordine del giorno la riduzione del numero delle aliquote, mentre il solo centrosinistra si ostina a pensare di poter rammendare, con una riedizione degli 80 euro dedicata ai figli, un tessuto ormai inservibile.
Quanto costa, dunque, la nostra flat tax? Comincio con il segnalare che Forza Italia propone di partire con una aliquota pari al 23% (e non già il 20%, come si suggerisce erroneamente nell’articolo di Roberto Perotti), e di poter fissare la deduzione fissa (o quota esente) a 12mila euro (e non già 13mila, altro svarione del nostro amico bocconiano).
Non sono dettagli: solo queste piccole discrepanze valgono oltre 20 miliardi di euro. Ne segue un costo, relativo alla sola Irpef, pari – secondo le nostre stime – a meno di 50 miliardi di euro, da cui detrarre le spese fiscali (deduzioni, detrazioni eccetera) relative alla stessa Irpef, il cui valore complessivo è pari a 36 miliardi circa (al netto, sia chiaro, delle detrazioni per carichi familiari e delle detrazioni per oneri di produzione del reddito che verrebbero invece riassunte nella deduzione fissa).
Via quindi la paccottiglia renziana che ha infestato gli ultimi anni: dal bonus cultura al bonus palestra, al bonus giardini. Strumenti con i quali si è ridotto significativamente il grado di progressività (ahi, ahi, cari amici «de sinistra») dell’imposta, rendendola sempre più complicata e meno trasparente.
Via anche tutte le pendenze fiscali degli italiani. Il loro numero è stratosferico, circa 20 milioni: un’iniziativa che da sola consentirebbe un gettito aggiuntivo intorno a 10 miliardi all’anno per almeno quattro anni e, più in generale, cambierebbe in positivo l’umore del Paese. Un reset, un nuovo inizio. Per una rinnovata fiducia tra lo Stato e il contribuente.
Roberto Perotti aggiunge al conto della spesa la riduzione (Ires, di 1 punto percentuale) o l’abolizione delle imposte sulle imprese (Irap) che, ricordiamo al nostro distratto professore, nel programma di Forza Italia sarebbe interamente coperta da un intervento compensativo sui trasferimenti alle imprese che attende da anni di essere realizzato.
Il minor gettito non coperto sarebbe quindi pari a circa 15 miliardi di euro. Non ho difficoltà ad ammettere che Forza Italia ritiene che la flat tax possa contribuire significativamente a migliorare il grado di compliance del sistema (e questa è, in effetti, l’esperienza di alcuni Paesi che la hanno introdotta), così come non ho difficoltà ad ammettere che Forza Italia ritiene che da una profonda revisione del fisco e da un abbassamento della pressione fiscale l’economia italiana non possa che trarre benefici e collocarsi su una traiettoria di crescita potenziale pari, almeno, a quella dei nostri partner europei.
A questo dovrebbero servire, infatti, le riforme strutturali, e la flat tax sarà la riforma delle riforme. Del resto, è appena il caso di notare come, su ambedue i fronti citati (contrasto all’evasione e potenziale di crescita) le strategie messe in campo negli ultimi anni, in particolare dai governi Renzi-Gentiloni, sono state francamente fallimentari. Il che suggerisce che forse è il caso di cambiare strada.
Contestualmente, Roberto Perotti non dovrebbe avere difficoltà ad ammettere che in ogni occasione Forza Italia ha sottolineato che il percorso di introduzione della flat tax non metterà in alcun modo a rischio i conti pubblici. Associato a uno sfoltimento significativo delle spese fiscali non connesse all’Irpef (che valgono, in totale, qualcosa come 140 miliardi di euro). Non solo. Accompagnato da un significativo piano di privatizzazioni tale da segnalare con chiarezza che l’Italia intende affrontare il tema del debito con decisione ben diversa da come si è fatto in passato.
Siamo i primi a pensare che la situazione dei conti pubblici italiani sia molto meno rosea di quanto si vuol far credere e non ci stupiremmo se, una volta al governo, dovessimo affrontare il tema di una manovra aggiuntiva, eredità avvelenata della schizofrenica e incompetente gestione Padoan. Di conseguenza, da Forza Italia non ci si aspetti nessuna iniziativa avventata. Nessuna pericolosa scommessa. Ma nemmeno ci si aspetti che intraprenda quel «sentiero stretto» che abbiamo percorso in questi anni, senza in realtà muovere un solo passo nella direzione della messa in sicurezza, prima, e del cambiamento del Paese, poi. Un «sentiero stretto» in cui lo stesso Roberto Perotti ha visto vanificare le sue pur meritorie iniziative da consigliere economico per la spending review del premier Matteo Renzi.
Noi vogliamo una vera e sana rivoluzione liberale, e la flat tax sarà la prima ricetta per questa nuova straordinaria era.