Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  gennaio 31 Mercoledì calendario

«Professori, bocciate». Il ministro bulldozer della scuola francese

PARIGI Il ritorno dei grembiuli e delle divise in classe? È lui. Il bando dei cellulari sui banchi di scuola?
Sempre lui. La scelta di rendere obbligatorio un dettato al giorno, di organizzare lezioni di coro «per ristabilire la fiducia in gruppo»?
Ancora lui. Jean-Michel Blanquer non ha paura di promuovere una scuola all’antica. A prima vista il ministro dell’Istruzione non ha l’allure né il curriculum del “nuovo mondo” incarnato da Emmanuel Macron. Con le sue grisaglie, gli occhialini tondi, il cinquantenne ex rettore ha passato la carriera nelle retrovie del potere. Cattolico di destra, ha lavorato da dirigente del ministero durante la presidenza di Nicolas Sarkozy, poi è stato consulente di Alain Juppé.
Sconosciuto ai più, Blanquer è diventato in pochi mesi uno dei volti più popolari del governo. La destra plaude alle sue proposte per restaurare autorità e disciplina negli istituti. I genitori sono contenti di vedere cancellate impopolari riforme dei socialisti, come l’abolizione del mercoledì libero. Adesso il ministero lascia libertà alle scuole elementari di decidere l’orario, se organizzare le lezioni su 4 o 5 giorni settimanali.
Persino a sinistra si alzano voci soddisfatte delle misure varate da Blanquer, in particolare per le scuole di periferia. Da settembre le elementari in banlieue non sono più sovraffollate, ogni maestro non deve avere più di 12 alunni.
Era una delle promesse elettorali di Macron. Blanquer può vantare una lunga esperienza. È stato provveditore di Créteil, sudest di Parigi, dove ha sperimentato con successo alcune innovazioni, come il sostegno pomeridiano ai compiti, prima di passare a tutt’altro incarico: direttore della prestigiosa scuola di management Essec.
“Bulldozer Blanquer” ha titolato Libération. Pochi prima di lui hanno osato scuotere un mastodonte come il dicastero che conta 860mila insegnanti e 12,3 milioni di alunni, in un Paese ossessionato dalla crisi del sistema scolastico anche perché la Francia è da tempo in calo nella classifica comparativa stilata dall’Ocse. Una tendenza che Macron vuole invertire. L’ultima rivoluzione è la svolta sul venerando Baccalauréat. I dettagli della riforma si conosceranno a metà febbraio, ma si sa già che la maturità passerà dalle attuali dieci, quindici prove d’esame, a un massimo di quattro, con l’aggiunta di un colloquio orale ispirato al sistema italiano.
Figlio di un avvocato e di un insegnante di inglese, Blanquer seduce i nostalgici, come l’intellettuale Alain Finkielkraut, incoraggiando l’uso dell’uniforme, l’insegnamento di latino e greco, chiedendo a professori di non avere paura di bocciare «quando necessario». Ma è anche capace di lanciare avanguardie, come nominare nel consiglio per la didattica del futuro un gruppo di neuroscienziati, o lodare l’insegnante Céline Alvarez autrice del bestseller “Le leggi naturali del bambino”. Macron ha messo l’istruzione tra le sue «priorità politiche», con un aumento da 50 a 51,3 miliardi dei fondi destinati al ministero.
Blanquer ha un altro vantaggio.
Gode della piena fiducia della moglie del presidente. Brigitte Macron ha insegnato francese per trent’anni prima ad Amiens, nel liceo dei gesuiti Providence, dove ha conosciuto il giovane Emmanuel, e poi a Parigi. Da quando suo marito è entrato in politica, 5 anni fa, è andata in pensione anticipata, ma resta ovviamente molto attiva sul tema dell’istruzione. Ha partecipato con il ministro a un’iniziativa di beneficenza in una scuola parigina, facendo un breve dettato ai ragazzi. Blanquer si è sperticato in elogi sulla Première Dame: «È la prof ideale».