Corriere della Sera, 31 gennaio 2018
Il Cile verde salvato da Mr North Face
L’americano Douglas Tompkins aveva un sogno, anzi una «visione». Salvare il mondo e l’85% delle specie che lo abitano proteggendo almeno la metà del pianeta. E siccome «Doug» era ricco, anzi miliardario, decise che il modo migliore per contribuire all’«Half Earth», poi teorizzata dal biologo Edward Wilson, era comprare centinaia di migliaia di ettari di terra ed escludere o limitare l’accesso all’uomo. Negli ultimi 25 anni della sua vita, il fondatore dei marchi North Face ed Esprit ha speso milioni di dollari per ripristinare la «wilderness» perduta e, almeno in Cile, il suo sogno è diventato realtà: la presidente Michelle Bachelet ha annunciato l’istituzione di cinque nuovi parchi nazionali su un territorio di 10,3 milioni di acri, un milione dei quali donato dalla Tompkins Conservation.
L’imprenditore-avventuriero non ha potuto godersi il trionfo. È morto due anni fa per ipotermia dopo una caduta nelle acque ghiacciate del lago Carrera, nella «sua» Patagonia, durante un’escursione in kajak. È stata la moglie Kristine McDivitt, ex ceo del marchio Patagonia, a portare avanti la «missione» avviata all’inizio degli anni Novanta, quando si trasferirono dall’assolata California nella ventosa vallata di Chacabuco, in Cile.
Erano una coppia di eco-potere, ricchissimi ma anticapitalisti nell’anima, nemici giurati di un modello di sviluppo «che ci spinge verso la sesta grande estinzione nella storia della Terra». D’altra parte, Douglas era da sempre uno che andava controcorrente, fin da quando, espulso all’ultimo anno di high school, nel natio Ohio, si dedicò per qualche anno solo a gare di sci e arrampicate, fra Colorado, Europa e Sud America. Nel 1964, appena ventenne, chiese un prestito in banca: 5.000 dollari per fondare North Face, marchio di abbigliamento e accessori «outdoor» per spiriti liberi come lui. Quattro anni dopo, sull’onda del successo, creò assieme alla prima moglie Susan l’azienda di abbigliamento femminile Esprit.
Poi si è stufato. Tompkins ha venduto North Face nel 1969, la sua metà di Esprit vent’anni dopo, quando divorziò. «Stavo producendo un sacco di roba di cui la gente in realtà non ha bisogno, e alimentavo una società consumistica. Così ho deciso di dedicarmi ad altro», spiegò.
È diventato il più grande proprietario terriero del Cile, con vasti possedimenti anche in Argentina (che in parte la moglie ha donato al governo Macri, nel 2016). Ispirato dall’«ecologia profonda» del filosofo norvegese Arne Naess, Douglas passava mesi in kajak sui laghi della Patagonia o esplorando foreste pluviali, e tra un’avventura e l’altra si dedicava ad acquistare terreni e fare eco-lobbying presso i governi.
«Sono fiera di mio marito e della sua visione, che continua a guidarci», ha commentato lunedì Kristine McDivitt, annunciando al fianco della presidente cilena anche il progetto di una «strada della natura» che correrà per 2.400 chilometri attraverso 17 parchi, lungo la dorsale meridionale del Cile, fino a Capo Horn. «È un atto senza precedenti di conservazione ambientale», ha commentato Michelle Bachelet, cui in marzo succederà Sebastian Piñera. Anche lui, businessman miliardario sostenuto da una coalizione d’estrema destra, è un fan di Tompkins: nel 2004 ha comprato 250.000 acri sull’isola di Chiloe, convertiti poi in un parco, ispirandosi al patron di North Face.
In Cile, però, non tutti plaudono all’iniziativa. I più scontenti sono gli allevatori e gli industriali del legname che in questi anni hanno accusato i Tompkins di «saccheggiare» il Paese e impedirne lo sviluppo economico. «Questa è una terra di pionieri – ha detto Patricio Ulloa, sindaco della cittadina di Cochrane, rifiutando di recente un invito nel vicino Parque Patagonia dei Tompkins —. Non ci hanno mai spiegato come della loro ecologia potrà beneficiare la comunità locale».