La Stampa, 31 gennaio 2018
Intervista a Martina Valcepina: Forse sono più pazza che tosta
Due gemelle, due ori agli ultimi europei di short track, due Olimpiadi archiviate e un’intera vita che si è raddoppiata. Martina Valcepina va a caccia di medaglie a PyeongChang ed è la sola mamma della spedizione italiana.
Quattro anni fa ha vinto un bronzo mentre era incinta.
«Non lo sapeva nessuno. L’ho confidato a mia sorella, poi al ct, ma in squadra avevano capito tutti: non uscivo mai dalla stanza, passavo metà degli allenamenti a vomitare. Me l’avevano detto i medici due settimane prima: aspetti due gemelli, buone Olimpiadi».
E dopo quel podio che cosa ha pensato?
«Ero felice ma frastornata. Credevo fosse l’ultima gara della vita e soprattutto era ora di dirlo ai miei. Avevo 21 anni: era un fuori programma».
Come l’hanno presa?
«Non benissimo, ora però mi aiutano davvero tanto e senza di loro non sarei ai Giochi».
Non si è sposata.
«E non ci penso. Non adesso. Il mio compagno lavora in Svizzera, è tutto complicato e già pensare al ritorno sul ghiaccio è stato un bel trambusto».
Quando ha capito che con lo short track non era finita?
«Lo credevo un capitolo chiuso, ci ho riprovato per abitudine, senza aspettative. Ma ho ritrovato, ritmo, forza in mezzo a tanti dubbi. Non è stato facile».
Come l’hanno accolta in nazionale?
«Non a braccia aperte, le ragazze erano distanti. Penso sia naturale: temevano non fossi più all’altezza. Mi avevano chiamata fuori».
E come ha reagito?
«Ho lasciato che il tempo facesse il suo corso, non ne ho mai parlato, immagino abbiano capito che valgo ancora».
Ora come è la situazione?
«Piano piano si è stabilizzata. C’è rispetto e collaborazione, non ci frequentiamo fuori dalla pista ma con due bimbe di 4 anni non vedo molta gente».
Le gemelle hanno capito che ha vinto delle medaglie?
«So che, dopo gli Europei, all’asilo hanno detto “la mamma ha portato a casa due collane”. Camilla mi ha chiesto se la prossima la prendo con il “ciondolo” fucsia...».
Si è confrontata con altre atlete-mamme?
«Non ancora, ma so che a PyeongChang c’è una biatleta ceca che ha dei gemelli: non vedo l’ora di bere qualcosa con lei».
Come è riuscita ad allenarsi per con due figlie?
«Forse sono più pazza che tosta, non so. Le bimbe ti tolgono ogni energia, non si spengono mai. Però è strano: sono più tranquilla e più nervosa insieme».
È preoccupata per loro?
«No. In gara mi sono sempre agitata molto e ora invece riesco a trovare una tranquillità prima impossibile. Solo che sono pure divorata dai dubbi. Alla vigilia dell’Europeo non volevo neanche partire».
Perché?
«Ho scritto un messaggio a Kenan Gouadec, il nostro allenatore: “Non credo di poter dare alla squadra quello che serve”. Lui ha risposto solo: “Hai tutta la nostra fiducia”, ha sempre creduto in me».
E a Dresda ha battuto anche Arianna Fontana nei 500 metri.
«Un caso, è stata sfortunata. Mi è sempre stata davanti e resta la donna da battere anche se nel mio sport bisogna essere bravi a scannarsi nelle gare individuali e poi liberarsi di ogni scoria o esaltazione in staffetta. Lo short track ha la memoria corta».
La portabandiera Fontana protesta per il freddo di Courmayeur. Lei che dice?
«Se scegli il ghiaccio non puoi stare in infradito. Caldo su quella pista non fa, ma ci si aggiusta».
Che cosa metterà nella valigia per la Corea?
«Un romanzo da gustarmi in silenzio. Sono quattro anni che leggo solo favole ad alta voce».