il Fatto Quotidiano, 30 gennaio 2018
La sfida dell’idrogeno
Scarsa autonomia e tempi di ricarica troppo lunghi sono i principali problemi delle auto elettriche a batteria. Difetti che saranno probabilmente risolti col progresso tecnico e la diffusione di massa delle EV (electric vehicle), la stessa che contribuirà a rendere i prezzi di listino più accessibili di quelli odierni.
Nell’attesa che il tempo faccia il suo corso, i colossi asiatici dell’automotive stanno battendo una strada alternativa: l’alimentazione a idrogeno, che potrebbe configurarsi come la pietra angolare della futura mobilità ecosostenibile.
Il riferimento è a Toyota e Hyundai, e alle loro Mirai e Nexo: modelli a emissioni zero che sfruttano la tecnologia delle pile a combustibile. Quest’ultima permette di ricavare energia elettrica dalla reazione fra idrogeno e ossigeno, producendo innocua acqua demineralizzata di scarto. La berlina giapponese in particolare è un caso di nomen omen: Mirai significa infatti “futuro”. Sul mercato dal 2015, la Toyota Mirai vanta un raggio d’azione di 500 km ed è spinta da un elettromotore da 153 Cv di potenza: le permette di scattare sullo 0-100 km/h in 9 secondi.
Riesce a fare ancora meglio la coreana Hyundai Nexo, sport utility che raccoglie l’eredità della ix35 Fuel Cell: arriverà sul mercato nel corso dell’anno e si distingue per un propulsore green da 163 CV, alimentati da 135 kWh di energia immagazzinata, di cui 95 generati dalle celle a combustibile e 40 “stipati” negli accumulatori. Pure in questo caso le prestazioni sono brillanti: 0-100 in 9,2 secondi, 179 km/h di punta e un’autonomia omologata di 800 km.
Entrambe le proposte green sono dotate di specifici serbatoi che conservano il gas a 700 bar di pressione: per rifornirli bastano dai 3 ai 5 minuti, come per un pieno di verde. Rimane però l’importante questione del prezzo: siamo oltre i 60.000 euro.
Ricapitolando, con le automobili elettriche Fuel Cell si risolvono le fobie di restare piantati in strada con le pile scariche e si fa il rifornimento in un batter d’occhio. Oltre al listino pesante, c’è solo un (enorme) problema: la rete per l’approvvigionamento dell’idrogeno in Italia – ma anche in Europa – è praticamente inesistente. Nel bel Paese l’unico distributore di H2 si trova a Bolzano.
Nonostante a gennaio 2017 siano stati approvati i piani nazionali per la realizzazione delle infrastrutture dei combustibili alternativi, fra cui figura l’idrogeno (su carta 20 stazioni entro il 2020), ad oggi non esiste alcun tipo di sostegno economico del progetto. Un’empasse per cui l’Italia rischia di essere multata dalla UE per il ritardo sullo sviluppo dei programmi approvati.