il Giornale, 30 gennaio 2018
Il record italiano: lavoriamo meno di tutti
Sgombriamo il campo – anzi, liberiamo la scrivania – da uno stereotipo: non esistono i popoli lavorativamente stakanovisti e quelli impiegatiziamente fannulloni. La leggenda che divide il mondo degli uffici tra il Monsù Travet sgobbone addict e il Signor Travet sfaticato addict è, appunto, solo una leggenda.
Cos’è che esiste, invece? Esiste il singolo dipendente che può essere più o meno pelandrone, ma certo a prescindere dalla sua nazionalità. Stesso discorso per la provenienza regionale all’interno della medesimo Stato. Falsi luoghi comuni, duri però a morire; tanto da sentire frasi paradossali come: «Ho conosciuto un milanese così perdigiorno da sembrare un napoletano», oppure «Hai visto quel napoletano? Si dà da fare neanche fosse un milanese».
Sorprende quindi che un istituto autorevole come Eurostat sia caduto anch’esso nel trabocchetto della generalizzazione di genere (geografico), stilando una classifica alquanto tragicomica. Ma, tanto per salvare la parte «comica», vediamo cosa ha «scoperto» la ricerca. Il verdetto è sanguinoso come un licenziamento: «Gli italiani sono al penultimo posto in Europa per media di ore lavorate la settimana». C’è poco da fare i furbi, benché statisticamente sia provato che i «furbi» sono oltre il 99,9% della forza-lavoro (che nel nostro caso sarebbe meglio chiamare debolezza-lavoro). Del resto, le cifre Eurostat sono il riflesso di un’altra circostanza rivelatrice: nel dizionario dei sinonimi e contrari la parola «fannullone» ha ben 28 sinonimi e solamente 2 miseri contrari («sgobbone» e stakanovista).
Ci sarà pure un fondo di verità per una tale sproporzione lessicale», no? Eccola: «Un lavoratore dipendente a tempo pieno in Italia lavora in media 38,8 ore la settimana, circa un’ora e mezza in meno della media europea».
Tra i «lavoratori indefessi» (che gli italiani considerano però solamente «fessi») spiccano invece gli inglesi, con una media di 42,3 ore la settimana. Peggio degli italiani farebbero solo i danesi con 37,8 ore. Indispensabile, a questo punto, fare qualche distinguo.
«A incidere sulla performance degli italiani – spiegano gli esperti di Eurostat – è l’orario di lavoro del pubblico impiego, fissato per contratto nel nostro Paese a 36 ore. In questo settore il nostro Paese è quello nel quale si lavorano meno ore la settimana (37,2 in media) a fronte delle 39,6 medie in Ue». E poi: «L’Italia è ultima soprattutto per ore lavorate nel settore dell’educazione con 28,9 ore la settimana, circa dieci in meno della media Ue (38,1) e quasi 14 in meno del Regno Unito». Magra consolazione: «Il numero di ore lavorate cresce in modo consistente per i lavoratori autonomi». Ma anche qui si rischia di scrivere per stereotipi.
Meglio allora chiudere il pezzo. Che è anche meno faticoso.