Affari&Finanza, 29 gennaio 2018
Internet, la grande rivoluzione della moda il fashion sull’e-commerce vale 74 miliardi
«Siamo molto contenti dei risultati raggiunti dal gruppo Yoox- Net-a-Porter guidato da Federico Marchetti e intendiamo supportare il management nel portare avanti le strategie e accelerare la crescita del business”: Johann Rupert, Ceo e azionista di riferimento di Compagnie Financièr Richemont ha commentato così l’Opa totalitaria lanciata la scorsa settimana su Ynap, il più grande portale europeo di e-commerce. L’Opa che segna la strada del lusso. <p>Paola Jadeluca segue dalla prima R ichemont possedeva già il 49% del gruppo che è quotato al FtseMib e ora ha deciso di acquisirne il controllo totale. Dopo anni di grande diffidenza, addirittura di snobbismo verso le vendite online considerate un canale per prodotti a sconto e di fascia più bassa, le griffe hanno deciso di cambiare vetrina, e di affidare vestiti, scarpe e persino gioielli alto di gamma al web. Nel 2016 sono stati venduti online prodotti di lusso per il valore di 20 miliardi di euro, l’8% del totale delle vendite di beni di lusso, secondo il report Digital Luxury Experience 2017 – realizzato da McKinsey e Fondazione Altagamma. Sempre secondo questa fonte, la previsione per il 2025 è che lo shopping di lusso in rete raggiungerà quota 74 miliardi, un quinto del totale. Le maison blasonate hanno iniziato concedendo alcuni prodotti, spesso profumi o sciarpe, meno costosi, alle piattaforme wholesale più rinomate, come quella TheCorner.com, di proprietà di Ynap. In pratica, il corrispettivo dei department store, per ampliare la base di vendita. Ma lo scorso anno c’è stata la definitiva capitolazione anche delle griffe più riluttanti: ormai non c’è più nessuna maison che non abbia la propria piattaforma e-commerce.
Ovvero il flagship store virtuale, il corrispettivo dei negozi monomarca. I negozi fisifi non hanno perso il loro ruolo chiave, ma sull’onda del boom dell’online la mappa delle vetrine sta cambiando. Negozi fisici Nell’ultimo report finanziario di Lvmh, con risultati record, il retail ha lo stesso peso di vestiti e pellami. Le griffe del lusso si sono infatti trasformate nel tempo in “retailer”, rivenditori al dettaglio. Un fatto che ha cambiato il modello di business, ma che alla lunga ha anche cambiato il modo in cui valutare i fondamentali dei grandi gruppi. Il punto chiave, infatti, è diventato “Lfl, like- for-like”, quanto le vendite incidono sui metri quadrati dei negozi monomarca. E quanto questo Lfl incide a sua volta sul Roic, il ritorno sul capitale investito. E sul prezzo. Il fattore Lfl ormai è diventato più importante della cosiddetta “crescita organica” nel generare valore per gli azionisti. Ma ora che la domanda è più modesta, con gli affitti che nelle high street continuano a crescere, rallentano gli investimenti sul retail fisico. La sfida virtuale. Oggi la sfida si gioca negli spazi virtuali del web, considerato che l’e-commerce attira una quantità sempre maggiore di volumi. «Prada è partito online lo scorso anno, uno degli ultimi, ma sta lavorando veramente bene e a dicembre ha lanciato una piattaforma dedicata alla Cina, un mercato dal grande potenziale», racconta Marco Pozzi, senior consultant di ContactLab, società con base a Londra che da oltre 4 anni anni effettua in collaborazione con Luca Solca, head of luxury goods di Exane BnpParibas un monitoraggio capillare delle esperienze di acquisto online. Anche Fendi risulta ai primi posti. Esperienze, appunto, non semplici acquisti. Basti dire che il ranking dei siti si basa su 40 diversi parametri. Le piattaforme online, insomma, richiedono un sofisticato impegno. Non tutte le griffe riproducono integralmente il loro catalogo online. Ermenegildo Zegna, per esempio, predilige le scarpe e lo sportswear. I capi più esclusivi si trovano solo in negozio. Lo stesso succede con Louis Vuitton, l’ammiraglia del gruppo Lvmh. «Il canale Internet per il lusso è diventato soprattutto un canale di engagement, di fidelizzazione», spiega Armando Branchini, vicepresidente di Fondazione Altagamma. Spiega Branchini: «La profilazione del cliente consente di realizzare online delle offerte su misura. Louis Vuitton, per esempio, ha addirittura un assistente vocale che, grazie alle tecnologie, può intervire in aiuto del cliente per proprorre capi ad hoc». Su molti siti basta anche solo registrare la propira mail per ricevere offerte e presentare le novità in catalogo. Il risultato? Grazie a internet crescono anche le vendite nei negozi:«Il cliente iscritto e che visita i siti spende in genere nel negozio fisico il 20% di più su base annuale rispetto a cliente non contattabile in modo digitale», racconta Marco Pozzi. L’ultima ad approdare sul web è stato Céline, la più riottosa. Alla fine dello scorso anno ha annunciato l’apertura del suo sito di e-commerce, ma già in autunno prima della presentazione della sua nuova collezione a Parigi aveva aderito a Instagram, il portale di fotografie che, con i fashion blogger, fa il bello e cattivo tempo sul mercato. La conversionedi Céline, Lvmh, si deve molto probabilmente all’arrivo del nuovo ceo, Séverine Merle, che ha in mente un piano per far crescere la presenza digitale del brand e sviluppare anche il settore gioielli e scarpe. I gioielli In termini di offerta la parte del leone la fanno i vestiti, ma gli acquisti che incidono di più sulle vendite globali del proprio comparto sono i capi per i piccoli e la bigiotteria, che arrivano a incidere fino al 30%. Ma online si vendono anche gioielli da 30mila e oltre euro. È andata alla grande, per esempio, la campagna di Natale di Swarosky su WeChat, la piaffaforma di Tencent che è diventata la nuova frontiera che ile griffe vogliono esplorare per vendere nel Dragone, il paese che fa da traino all’e-commerce. Cartier, Tiffany e Bulgari sono presenti tutti e tre nel mondo digitale. Con differenti strategie. «Non sarei sorpreso se nei prossimi 10-15 anni l’e-commerce pesasse per circa il 50% del nostro business», commenta Jean-Christophe Babin, ad di Bulgari, la maison di gioielli italiana oggi nel portafoglio di Lvmh. Spiega Babin: «Sappiamo che il profilo dei clienti di beni di lusso sta cambiando ma siamo anche convinti che l’alta gioielleria continui a richiedere un livello di servizio che l’e-commerce non è ancora in grado di garantire. Sappiamo però anche che Bulgari ha un portafoglio di prodotti molto diversificato quindi crediamo che per certe categorie di prodotto un approccio di lusso al mondo digitale sia possible».Un esempio din itegrazione Ropo, ricerca online compra in negozio, è il New Curiosity Shop di Bulgari a fianco dello storico flagship di Roma, dove si possono acquistare pezzi unici di gioielleria e accessori, disponibili solo qui e rivolti ai clienti digitalizzati. Store online e store fiisci, un matrimio che sa d’affare.