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 2018  gennaio 30 Martedì calendario

Mezzo milione i «resistenti» agli antibiotici

Primo rapporto sui pazienti che nel mondo non riescono più a guarire. Perché le medicine sono inefficaci. E la ricerca avanza con difficoltà. Potrebbero non servire più. Potrebbero non adempiere più al loro ruolo terapeutico: sconfìggere le malattie batteriche. E noi, quando diventiamo pazienti, rischieremo di mandar giù la compressa o di farci praticare un’iniezione, senza alcuna certezza della loro efficacia. Anzi. Antibiotici, anno zero? L’allarme dell’Oms sull’uso inappropriato e sull’abuso dei farmaci che si riconoscono nella penicillina scoperta da Alexander Fleming nel 1928 (ma prima di lui, sempre casualmente dall’italiano Vincenzo Tiberi) è solo l’ultimo di una lunga serie. Da almeno dieci anni non solo l’Organizzazione mondiale della Sanità va ripetendo in toni sempre più drammatici che nel mondo si ricorre troppo e male agli antibiotici. E che questo ci porterà alla catastrofe. È lo scenario sconvolgente che hanno ben presente infettivologi, farmacologi e clinici.
C’era da aspettarselo. I batteri, messi alle corde dagli antibiotici, stanno passando al contrattacco. Si difendono. E si trasformano in superbatteri per far fuori il nemico. Il guaio è che adesso dal potenziale rischio si è passati alla certezza di un salvavita che per mezzo milione di malati nel mondo non ha avuto alcun effetto terapeutico. A certificarlo è il primo rapporto di dati di sorveglianza dell’Oms: rivela che un’inaspettata moltitudine di infezioni di origine batterica (anche gravi) presenta elevati livelli di resistenza. E questo sia nei paesi ad alto che in quelli a basso reddito. Il nuovo sistema globale di sorveglianza antimicrobica avviato nel 2015 si chiama Glass ( Global Antimicrobial Surveillance System) e ha scoperto il fenomeno su 500 mila persone in 22 paesi. L’Italia non ne fa parte. I batteri resistenti più comunemente riportati sono stati l’Escherichia coli, la Klebsiella pneumoniae, lo Staphylococcus aureus e lo Streptococcus pneumoniae, seguiti da Salmonella suppurativa. Il sistema non include i dati sulla resistenza del Mycobacterium tuberculosis, responsabile della Tbc, patologia sotto monitoraggio costante dell’Oms dal ‘94 con aggiornamenti annuali sulla sua diffusione in tutto il mondo. Tra i pazienti con sospetta infezione ematica ( del sangue), la percentuale di batteri resistenti ad almeno uno degli antibiotici più comunemente utilizzati variava enormemente tra i diversi paesi, da zero all’82 per cento.
La resistenza alla penicillina – l’antibiotico che per decenni è riuscito a sconfiggere la polmonite – registra una variabilità che va da zero al 51 per cento tra le nazioni sotto esame. Come pure, tra l’8 e il 65 per cento di Escherichia coli (germe più comunemente responsabile di infezioni urinarie) ha presentato resistenza alla ciprofloxacina. «Il rapporto conferma la grave situazione in tutto il mondo», afferma Marc Sprenger, direttore del Segretariato della resistenza antimicrobica dell’Oms. Fino a oggi, 52 paesi ( 25 ad alto, 20 a medio e 7 a basso reddito) sono censiti dal sistema di sorveglianza.
«ll rapporto è un primo passo. Ma è fondamentale per aiutarci a comprendere l’entità della resistenza antimicrobica. La sorveglianza è agli inizi, ma va approfondita e sviluppata se vogliamo giocare d’anticipo e affrontare una delle più grandi minacce alla salute pubblica globale», osserva Carmem Pessoa- Silva, coordinatrice di Glass. I dati presentati hanno dimostrato un’ampia variabilità, sia in termini di qualità che di completezza. Tra l’altro uno degli ostacoli che l’Organizzazione mondiale della Sanità trova davanti a sé è rappresentato proprio dall’eterogeneità dei singoli sistemi di sorveglianza. Ci sono paesi in cui mezzi, personale, fondi e infrastrutture si rivelano del tutto insufficienti a tenere la situazione sotto controllo. In questi casi, l’Oms si sta dando da fare come istituzione di supporto pur di ottenere dati affidabili e significativi. Tra l’altro Glass mira – e in parte lo sta già facendo – a standardizzare le metodiche di raccolta dei casi dei vari paesi, così da ottenere la radiografia più fedele possibile sui “modelli e sulle tendenze della resistenza antimicrobica”.
La situazione in Europa, a dare un’occhiata alle proiezioni, non è rosea: nel 2025, cioè tra meno di sette anni, le vittime di malattie batteriche che non rispondono più agli antibiotici, potrebbero superare il milione. E addirittura, il 2050 lo dicono alcuni studi commissionati dal governo britannico – potrebbe essere la data limite, con quasi dieci milioni di pazienti che ogni anno rischierebbero di lasciarci le penne. Ma già oggi, nel vecchio continente, si registrano quattro milioni di infezioni batteriche con oltre 37 mila decessi l’anno.
E in Italia? I dati raccolti dal sistema di sorveglianza che fa capo all’Istituto superiore di Sanità rivelano che nel Belpaese la resistenza agli antibiotici, per le specie batteriche monitorate, risulta tra le più elevate in Europa. E tra i batteri negativi, la Klebsiella pneumoniae è resistente a quasi tutti gli antibiotici disponibili, inclusi i carbapenemi. Infine, perché l’allarme è mondiale? «Perché la resistenza ha una diffusione globale: – ha recentemente spiegato l’ex direttore di Infettivologia all’ospedale di Vicenza, Gianpietro Pellizzer – ci sono ceppi di gonococco da malattia sessualmente trasmessa che, localizzati in un’area, si diffondono ovunque. Si viaggia molto e senza confini, così si fa fatica a controllare un focolaio di resistenza».