il Fatto Quotidiano, 30 gennaio 2018
Dal M5S a Tsipras a FN: una transfuga chiamata De Pin
Una delle cose più difficili da fare è tenere il conto dei transfughi in Parlamento: non si riesce proprio a stargli dietro. A fine luglio 2017, i voltagabbana erano 517. Poi sono aumentati ancora. Una cifra abnorme, che ribadisce la bassezza infinita di questa legislatura fortunatamente finita (ma la prossima potrebbe essere persino peggiore: daje). Il ritmo di transfughi è stato di dieci al mese: per quelle precedenti, era “solo” di 4. Alcuni parlamentari sono riusciti a cambiare casacca più volte. Ci sono campioni come Luigi Compagna che si sono ricollocati cinque volte: eletto nel Pdl, si è poi spostato tra Gal e Ncd come una pallina da flipper. Deve davvero avere una vita da inferno.
In questo caleidoscopio di voltagabbana compulsivi e ossessivi, hanno un peso rilevante gli “epurati” 5Stelle. Il problema della classe dirigente riguarda tutti e più ancora chi, come il M5S, si vanta di non portare in Parlamento politici professionisti. I 5Stelle hanno il demerito di aver portato alla Camera e al Senato personaggi talora improponibili, ma dovrebbero forse anche ricevere delle scuse: quasi sempre, chi ha giocato all’epurato era spesso solo un opportunista. Chi si è reinventato renziano come la Gambaro, la cui espulsione fu sbagliata nei tempi e modi ma sacrosanta nel merito. Chi è andato in Sel, chi nella Lega, chi con Verdini. Merita una menzione speciale Paola De Pin. Non la conosce nessuno, e questo è un bene (anche per lei). Urge però ripercorrerne con trasporto le gesta. Paola De Pin nasce con sicumera a Fontanelle (Treviso) nel 1966. Lì si candida a sindaco nel 2012, senza però che nessuno se ne accorga. Neanche lei. Nel 2013 è eletta senatrice per il M5S. Dura poco, perché a giugno esce dal gruppo come una Jack Frusciante che non ce l’ha fatta. Lo fa per “solidarietà” nei confronti della collega Adele Gambaro, e già questo basterebbe per soppesarne il peso politico. Ma c’è di più.
Avvolta da un assordante silenzio, dà vita al Gap (Gruppo Azione Popolare) con Gambaro e l’altro transfuga ex-grillino Zaccagnini. Il gruppo aggiunge poi una seconda “p”, forse perché “Gapp” suona meglio o forse come tributo al suono onomatopeico di una pernacchia. Tale pulviscolo sostiene il governo Letta, in un parossismo avvilente di mestizia contagiosa. Nel 2014 la De Pin appoggia la Lista Tsipras. Nel 2015 lascia niente, cioè il Gapp, per approdare a un altro niente, cioè Ilic (Italia Lavori In Corso). Con lei ci sono sempre la Gambaro e altri voltagabbana ex 5Stelle tipo Orellana (altro bluff che per un po’ ha fregato anche me), Campanella, Bocchino, Bencini e Casaletto. La De Pin è però incontenibile: l’11 giugno 2015 aderisce ai Verdi, con l’ennesimo ex grillino Pepe. Pochi giorni dopo confluisce in Gal, conventicola di intellettuali sopraffini tipo D’Anna e Barani, restando però iscritta ai Verdi fino al 2016. Tale bipolarismo (ma pure tripolarismo) politico, a matrice inizialmente sinistrorsa con venature via via destrorse, sfocia in un episodio memorabile. Il 30 luglio 2017, forte di un carisma accecante e di una fama che in confronto Pino Quartullo levati, la De Pin organizza una manifestazione nella città di Oderzo per protestare contro la presenza dei migranti nel territorio. La manifestazione è un trionfo: vi aderisce solo la De Pin, che manifesta mestamente da sola. L’ultimo atto di una tale carriera all’insegna della coerenza – e della lucidità – è il fresco passaggio della De Pin a Forza Nuova, che per una che quattro anni prima appoggiava Tsipras è un approdo oltremodo naturale. Brava Paola: continua così.