la Repubblica, 30 gennaio 2018
Il cinquantenne Felipe all’esame di catalano
Barcellona Ha scelto di essere l’esatto opposto del padre Juan Carlos, dell’uomo che gli spagnoli amarono e accettarono perché, nonostante fosse stato imposto sul trono da un dittatore, guidò il Paese verso la democrazia, la modernità, e l’Europa. Ma quando è salito al trono, nel giugno del 2014, Felipe VI, che oggi compie cinquant’anni, sapeva che la monarchia in Spagna attraversava la sua stagione peggiore e che, per durare, bisognava offrire un’altra immagine. Normale, familiare, solida. E soprattutto rendere la monarchia una istituzione utile e credibile com’era successo più di trent’anni prima nella famosa notte del 23 febbraio 1981, quando Juan Carlos s’oppose al putsch della parte più reazionaria dell’esercito.
Il profilo basso e una vita senza eccessi hanno contribuito ad aumentare la considerazione degli spagnoli verso la Casa reale. Felipe non possiede la contagiosa simpatia di Juan Carlos ma non ha decine di amanti, non organizza le sue vacanze in battute di caccia all’elefante, non accetta regali milionari e non rischia neppure la faccia speculando in Borsa grazie alla sua posizione privilegiata. Eppure, il suo principale obiettivo, e cioè che gli spagnoli riconoscano la monarchia come qualcosa di eterno, e che dopo di lui tocchi regnare a sua figlia Leonor, oggi dodicenne, forse non è stato ancora raggiunto. Un esperto di cose reali come José Garcia Abad sostiene che in realtà Felipe VI si sta giocando la Corona nella sfida catalana. «Gran parte del suo futuro dipenderà dalla soluzione della rivolta secessionista», dice Abad, che proprio oggi nel giorno del compleanno reale si riaccende con il tentativo di nominare alla presidenza della Generalitat l’ex presidente Puigdemont.
Mentre a Barcellona si riuniranno i deputati, nel Palazzo reale a Madrid, la piccola Leonor riceverà dal padre il collare del “Ordine del Toisón de oro”, in una cerimonia che sarà il suo primo atto ufficiale come erede al trono. Un cammino tormentato quello di Felipe. Il suo primo gesto di rottura della tradizione familiare fu sposare, era il 2004, Letizia Ortiz. Una giornalista con il cuore a sinistra e senza una goccia di sangue blu, invece di una delle numerose ragazze blasonate che gli presentavano sua madre Sofia e suo padre. Il secondo fu l’arrivo al trono grazie – cosa rarissima – all’abdicazione di Juan Carlos. Il terzo la gestione dello scandalo di sua sorella maggiore, Cristina, finita in tribunale, anche ma non solo, per le malefatte del marito, Iñaki Urdangarin, che convinto di essere al di sopra della legge si dedicò alle truffe. Felipe fu inflessibile con la sorella. Le revocò i titoli reali e la invitò a lasciare il Paese. Da allora non si sono mai incontrati. Lei vive a Ginevra e ha il divieto di partecipare a qualsiasi appuntamento familiare, perfino a Natale. Tanto che sua madre Sofia la incontra di nascosto.
Oggi, sono dati dei sondaggi, oltre il 70% degli spagnoli condivide anche la fermezza di Felipe nella vicenda catalana. Anche se in molti sperano che riesca a far bene una delle poche competenze che la Costituzione gli attribuisce per il suo ruolo: essere un buon consigliere per il governo e muoversi, con molta discrezione, dietro lo scenario, in cerca di soluzioni concordate. Dopo la nuova vittoria del fronte indipendentista nel voto del 21 dicembre, una via d’uscita in Catalogna bisognerà trovarla.