ItaliaOggi, 30 gennaio 2018
Diritto & Rovescio
Gianfranco Fini, considerato per diversi decenni come un fascista da «gettare nelle fogne», divenne improvvisamente un beniamino della sinistra (specie quella radical chic) appena cominciò a opporsi a Berlusconi dall’alto del suo scranno di presidente della Camera. Lidia Ravera (coautrice, assieme a Marco Lombardo Radice, del best seller pecoreccio dal titolo Porci con le ali, pubblicato da Savelli nel 1976) cominciò a rilevare: «Beh, io, a quello lì, una bottarella gliela darei». Anche perché, scriveva, «nel disordine estetico del Parlamento, tra pancette sedentarie e bocche sguaiate, la sua compostezza pensosa è elegante. Se fosse una donna, Gianfranco Fini sarebbe una casalinga ispirata. Di quelle che, quando c’è da fare un po’ di pulizia, lo capiscono prima degli altri. E buttano tutto per aria». Poi, purtroppo per la Ravera (e per molti altri), la storia è andata in modo diverso. Come dimostra il recente rinvio a giudizio di Fini. Che non è una sentenza ma lascia prevedere un esito sgradevole.