La Stampa, 30 gennaio 2018
Sì alle scommesse e a 900 milioni. Nba business senza fondo
Novecento milioni di dollari sono una cifra da capogiro anche per chi fattura 7 miliardi l’anno, soprattutto se possono costituire un guadagno netto. La somma rappresenta ciò che la Nba potrebbe incassare annualmente dalle scommesse all’interno degli Stati Uniti se le giocate diventassero legali, e se la Lega avesse diritto all’1% su ogni puntata effettuata.
Il calcolo nasce dai 90 miliardi di scommesse (illegali) sul football americano del solo 2015, una cifra che – in caso di autorizzazione al gioco d’azzardo – il basket avvicinerebbe nell’arco delle 1.300 gare stagionali. E se la Nfl resta contraria alla legalizzazione delle scommesse, la Nba si è schierata sul fronte contrario, compiendo i primi passi concreti verso un’ulteriore rivoluzione, a pochi mesi dall’arrivo degli sponsor sulle maglie.
La Legge Bradley
Soltanto cinque anni fa, la Nba si schierava a livello legale a difesa del Paspa (Professional and Amateur Sports Protection Act), la legge federale del 1992 che vieta le scommesse sugli eventi sportivi, con l’eccezione del Nevada (lo stato di Las Vegas…), Montana, Delaware e Oregon. Una legge promossa dal senatore, e leggenda del Simmenthal Milano, Bill Bradley. Negli ultimi tempi, però, la Lega ha cambiato fronte, attraverso le parole dell’ex commissioner David Stern e del suo successore Adam Silver, che sul «New York Times» ha spiegato la propria posizione in un articolo dal titolo emblematico: legalizzare e regolamentare le scommesse sportive. «I tempi sono cambiati, le scommesse sono diventate una forma di intrattenimento accettata».
Dalle opinioni si è passati ai fatti attraverso un rappresentante della Nba – l’avvocato Dan Spillane – che di fronte alla commissione del Senato di New York per le corse dei cavalli e il gioco ha detto: «È il momento di cambiare e garantire agli appassionati una maniera sicura e legale per scommettere sullo sport, a patto di proteggere l’integrità delle competizioni».
Il caso-Donaghy
La Nba si è schierata in un momento decisivo per la legalizzazione delle scommesse, condividendo il pensiero dello stesso presidente Donald Trump. È infatti attesa in tempi brevi la decisione della Corte Suprema in merito alla richiesta dello stato del New Jersey, dove c’è una capitale del gioco come Atlantic City, di autorizzare le scommesse in casinò e ippodromi. Se la sentenza dovesse sorridere al singolo stato, altri seguirebbero lo stesso percorso, sgretolando il Bradley Act.
La Nba chiederebbe subito di autorizzare il gioco anche via smartphone e nei chioschi dei palasport, in cambio dell’1% su ogni puntata riguardante i propri match. «Una compensazione – ha aggiunto l’avvocato Spillane – perché le Leghe dovrebbero investire sulle strutture di vigilanza contro le condotte improprie». Strutture potenziate nell’ultimo decennio, dopo che l’ex arbitro Nba Donaghy ammise di aver scommesso sulle partite che dirigeva. Quel caso ha fatto capire alla Lega che un’apertura alle scommesse legalizzate avrebbe avuto maggiore forza rispetto a divieti sul gioco clandestino. E, al tempo stesso, avrebbe garantito nuovi introiti.