La Stampa, 30 gennaio 2018
Latouche: siamo vicini al baratro. Serve un nuovo modo di pensare
Il programma berlusconiano delle tre i – impresa, inglese e internet – si sta dispiegando in tutta la sua potenza, anche in Francia dove Macron è uno dei suoi più fedeli esecutori. Peccato che tale progetto porti solo due i – ignoranza e inciviltà». Serge Latouche, uno dei principali teorici della decrescita felice nonché voce critica della nuova sinistra francese, non ha peli sulla lingua quando si tratta di descrivere la situazione attuale. Tuttavia non è pessimista: «Anche se gli ecologisti hanno tradito la loro missione, vi sono segnali positivi di resistenza all’omologazione consumista. I cinquestelle in Italia sono un movimento interessante, non è assolutamente vero che siano dei populisti alla Le Pen, come li dipingono nei media francesi». E rivela: «Grillo mi ha chiamato per fare da consulente ai pentastellati sui temi della decrescita e dell’ambientalismo, ma ho declinato l’invito perché preferisco non intromettermi nella politica italiana. Però resto in contatto e seguo i cinquestelle con simpatia».
Abbiamo incontrato Latouche a Milano, in occasione della presentazione della collana sui «precursori della decrescita» della Jaca Book. Una serie di agili e stimolanti libretti, scritti da vari autori, che spaziano dall’austerità targata Pci di Berlinguer all’utopia verde di Alexander Langer, dalle vedute aperte all’Oriente di Tiziano Terzani a quelle più apocalittiche di Aldous Huxley. «Gli ultimi decenni – dice – sono la dimostrazione evidente che l’ideologia del progresso a tutti i costi ha portato solo disastri. I cambiamenti climatici, l’invasione planetaria dei rifiuti sono il risultato di politiche dissennate». «L’errore – spiega – va ricercato nell’occidentalizzazione del mondo, ossia nel credere che si possa vivere ‘fuori misura’, esagerare in tutti i campi, creare bisogni artificiali e prodotti inutili solo per soddisfare gli appetiti delle multinazionali». «Ma un’alternativa – sostiene – è possibile ed è quella degli ‘obiettori di crescita’, che credono al progetto di una società alternativa di abbondanza frugale”.
Per l’autore del saggio sulla Megamacchina (Bollati Boringhieri) siamo arrivati a un punto di non ritorno e si impone una radicale revisione del nostro modo di pensare. L’economista francese intravede una via d’uscita nel taoismo, nel buddismo e nel confucianesimo come modelli di un «pensiero alternativo che fa del senso della misura, dell’armonia con l’ambiente, una regola di vita». [A. C.]