Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  gennaio 30 Martedì calendario

Intervista all’ad Alberto Minali: Cattolica, niente Spa. A Buffett non interessa

Cattolica Assicurazioni punta alla svolta. Nell’atteso piano industriale, presentato ieri, l’ad Alberto Minali entro il 2020 conta di accrescere l’utile operativo del 60% rispetto a quanto fatto nel 2016 a 375-400 milioni e aumentare il dividendo del 50%, a 50 centesimi per azione. Alla voce che riguarda il governo d’impresa è prevista l’adozione del modello monistico (senza collegio sindacale e senza comitato esecutivo, in un consiglio più snello) con una rappresentanza per i soci di capitale, come la Berkshire Hathaway di Warren Buffett che ha scommesso sulla compagnia veronese. Rappresentanza «di cui dobbiamo ancora discutere i termini – assicura Minali -. Ancora non abbiamo deciso nemmeno il numero dei consiglieri, le soglie per la formazione delle liste...». Ma della trasformazione in Spa, nemmeno l’ombra.
Dottor Minali, forse il mercato si aspettava più coraggio.
«La Spa non è mai stata all’ordine del giorno. Non credo nelle rivoluzioni: abbiamo bisogno di un percorso evolutivo veloce ma graduale. Con questa riforma facciamo un grande passo in avanti».
Non crede che la mancata trasformazione in Spa possa deludere il vostro nuovo primo socio, Warren Buffett?
«Non credo, anzitutto perché dalla sua società non ne hanno mai parlato né hanno mai subordinato l’investimento a trasformazioni di sorta: è materia che non è stata mai discussa. Con Berkshire Hathaway abbiamo un rapporto importante ma di natura legata al business perché sono all’interno del nostro panel di riassicuratori. Ci consultiamo nello sviluppo dei prodotti. Per il resto non hanno chiesto niente, neppure di diventare soci: sono solo azionisti. Né chiedono posti in consiglio».
Quindi hanno investito 116 milioni per sport?
«Mi creda, a investitori così poderosi non interessano le speculazioni italiane sui sistemi di governance. Interessano i dividendi e il business assicurativo e riassicurativo».
Ma quali vantaggi ci sono nell’essere una cooperativa?
«Ogni modello societario ha lati positivi e negativi. La cooperativa è interessante per il radicamento sul territorio se è espressione sana di una base sociale. Può essere più sensibile a certi istanze, è più protettiva nei confronti dei management, rendendo la società non scalabile. Questo è un elemento negativo agli occhi degli azionisti, ma vogliamo parlare delle Spa?».
In che senso?
«Prenda i grandi modelli anglosassoni di società per azioni: Aig, la più grande compagnia del mondo, è quasi fallita. Lehman Brothers è saltata. Si ricorda di Enron?».
Parliamo allora di Popolare Vicenza e Veneto Banca o, tra le quotate, della Bpm pre-nozze.
«La quotazione in Cattolica ha invece creato gli anticorpi alle derive del cooperativismo. Pensiamo che il modello tenga, pur con delle migliorie. Una cosa è certa: il cantiere della governance si è aperto così e qui si chiude».
Qualcuno dice che dopo l’assemblea si possa riaprire...
«Leggo molte invenzioni. Tipo sul fatto che Paolo Bedoni non sarà più presidente. La sua figura non è in discussione».
Bedoni è esponente della vecchia guardia, era nel cda della Popolare di Vicenza di Gianni Zonin, non è così?
«Ricopriva quel ruolo solo in virtù di una partnership con Vicenza, non c’erano tresche. Si fa troppa dietrologia. È lo stesso presidente che ha spinto per fare l’opzione put e uscire dal contratto, ma questo viene sempre dimenticato. La verità è che il cda arriva a scadenza nell’aprile 2019. Poi partirà il nuovo sistema monistico».
Come vuole trasformare Cattolica con questo piano triennale?
«Vogliamo che la società riduca la sua dipendenza dal business auto, perché si sta indebolendo. Così come vogliamo rendere più efficiente la rete delle agenzie, rafforzando anche gli altri canali come la bancassicurazione, riaffermata con l’alleanza col Banco Bpm, e il canale broker. Tutto va poi semplificato: siamo troppo complessi, farraginosi. La macchina operativa deve essere più veloce. Ha presente Amazon? Dobbiamo diventare una piattaforma simile in termini di velocità e snellezza, con un rapporto sempre più diretto con la clientela».