Il Sole 24 Ore, 30 gennaio 2018
L’arte delle vetrine: lusso e fast fashion arruolano i «visual»
Negli anni Sessanta un giovane Giorgio Armani, abbandonati gli studi in medicina, fece la sua prima esperienza nel settore moda alla Rinascente, lavorando come vetrinista e dando corpo allo stile per il quale oggi è conosciuto il tutto il mondo. Dall’altra parte dell’Oceano, negli stessi anni, Ralph Lauren, giovane commesso nel negozio Brooks Brothers di New York, metteva nell’allestimento la stessa passione e cura del dettaglio che avrebbe messo nella progettazione delle vetrine dei suoi negozi in giro per il mondo.
Ieri li avrebbero chiamati vetrinisti; oggi si chiamano, invece, professionisti del “visual display” (nel caso delle vetrine) o del “visual merchandising” (in senso più ampio, nel caso degli allestimenti interni), settori che nell’epoca di internet non hanno perso proprio peso e continuano a offrire molte opportunità di lavoro.
Se infatti la storia degli allestimenti, interni ed esterni, dei negozi di moda risale all’Ottocento e all’intuizione dei titolari dei department store che volevano invogliare i potenziali clienti a entrare in negozio, oggi la disposizione dei prodotti all’interno dei negozi e nelle vetrine è parte del cosiddetto “storytelling” e quindi del racconto che il brand fa di sè al cliente. E fa del visual merchandiser una figura indispensabile: «Ricopre un ruolo sempre più importante all’interno delle aziende fashion – spiega Manuela Vergano, section manager di Hays, società di ricerca e selezione del personale – e, attualmente, il 7% delle posizioni aperte nel settore moda da noi gestite riguarda questa figura professionale, a più livelli e in aziende diverse». Secondo Vergano esiste «una netta divisione tra il mondo del lusso e quello del fast fashion: nel lusso, tali figure hanno come obiettivo principale l’allestimento della vetrina, fondamentale punto di attrazione per le grandi boutique delle principali città». Diverse le esigenze dei brand del fast fashion: «Il visual ha un ruolo centrale anche all’interno dello store – continua la manager – attraverso un’esposizione del prodotto che metta in risalto la gamma offerta senza necessità di assistenza alla vendita. Spesso questo ruolo è ricoperto da figure field che hanno responsabilità su singoli punti vendita».
Le grandi aziende e i department store hanno team dedicati al visual merchandising e al visual display molto complessi, con diversi livelli gerarchici: le figure junior, che nelle stime di Hays hanno una retribuzione annua lorda (Ral) tra i 25mila e i 35mila euro l’anno; i senior, con una Ral tra i 55 e i 65mila euro e, infine, gli executive, con un salario annuale lordo che può toccare i 130mila euro.
Così come la mappa dei ruoli “visual” si fa sempre più complessa, anche il percorso di formazione non è semplice. Si spazia dai corsi brevi, come quello in “Visual merchandising” di Naba, a Milano, a quelli di specializzazione come “Visual merchandising e vetrinistica” dello Ied Torino, fino ai corsi intensivi come quello dell’Accademia Costume & Moda, a Roma, che concentra in 90 ore teoria e pratica del mestiere. Non mancano le chance di una vera e propria formazione universitaria in materia: l’Istituto Marangoni, a Milano, ha nella propria offerta il corso triennale in “Fashion styling e visual merchandising”.