il Giornale, 29 gennaio 2018
Da Trump aut aut sul muro. Ma il Messico lo ha già alzato
Garantire la cittadinanza a un milione e ottocentomila migranti entrati illegalmente negli Stati Uniti e ottenere in cambio un finanziamento di 25 miliardi di dollari per la costruzione del muro lungo il confine con il Messico. Arriva in queste ore al Congresso la proposta (aut-aut?) di Donald Trump, al centro di un braccio di ferro che dopo aver già paralizzato l’Amministrazione americana nei giorni scorsi, rischia di provocare a breve una riedizione dello shutdown, una nuova paralisi per mancata approvazione delle leggi di rifinanziamento. L’obiettivo della proposta spiega The Donald in persona in uno dei suoi ultimi tweet è stanare i democratici. «Gli ho offerto un accordo meraviglioso, per due ragioni: perché i repubblicani vogliono sistemare un vecchio terribile problema e per dimostrare che i democratici non vogliono risolvere la questione Daca, ma solo sfruttarla».
Il piano della Casa Bianca, in effetti, offre una mano tesa alla causa tanto cara ai rivali politici e prevede la concessione della cittadinanza, nell’arco di dieci-dodici anni, non solo ai «dreamers» (quei 700mila migranti arrivati negli Stati Uniti quando erano ancora bambini e che finora sono stati protetti dal decreto Daca firmato da Obama) ma a un totale di 1,8 milioni di clandestini. Sul piatto, il presidente mette però una questione a rischio di far saltare il tavolo. Non solo l’abolizione della «lotteria green card», che ogni anno, tramite una banale estrazione, regala 50mila passaporti a cittadini stranieri. Il leader Usa non vuole arretrare sulla barriera fisica da innalzare lungo il confine con il Messico, una delle sue più popolari promesse elettorali. «Niente Daca senza muro» ha ribadito The Donald fino a qualche giorno fa.
«Continuativo e invalicabile» – così lo vuole Trump – il muro dovrebbe essere lungo 505 chilometri, da completare entro il 2027, per un totale di 1.522 chilometri di frontiera blindata. The Donald avrebbe voluto che fosse il Messico a pagare, ma il presidente Enrique Pena Nieto ha declinato seccamente. «Ne abbiamo bisogno», insiste però Trump, spesso accusato di razzismo per le dichiarazioni su messicani e ispanici. Non a caso da Davos, intervistato dalla Cnbc, ha ribadito: «Gli americani vogliono sicurezza. Da lì arriva gente che invece di sparare taglia a pezzettini le vittime perché così è più doloroso. Non li voglio», ha detto della MS-13 (Mara Salvatrucha), la spietata banda criminale composta prevalentemente da centroamericani.
Il muro potrebbe essere una chimera per il presidente, che pure ha già avviato, a inizio ottobre, la costruzione di otto prototipi, con blocchi alti dai 5 ai 9 metri (costo fra i 2.4 e i 4 milioni di dollari), già eretti a San Diego e nei pressi di Tijuana. Ecco perché The Donald vuole collegarlo alla questione dreamers. Secondo un sondaggio di USA Today solo un quarto dei membri repubblicani del Congresso è davvero favorevole alla barriera mentre il 62% degli americani vuole che si vada avanti con la cittadinanza agli ex bambini clandestini (il decreto Daca). Ma a mettere altri bastoni fra le ruote del presidente sta pensando anche la California, che ha già avviato una causa per fermare il muro sulla base di questioni ambientali oltre che giuridiche.
Eppure il vero paradosso di questa storia arriva ora proprio dal Messico. Mentre molti americani si battono, anche nel nome dell’antirazzismo, per fermare la barriera, il Messico viene additato dalle associazioni per i diritti umani per la barriera (metaforica) che quotidianamente, e in barba al diritto internazionale, erge contro gli immigrati del Centramerica. Migliaia di persone provenienti da Honduras, El Salvador e Guatemala (su un totale di 500mila che ogni anno attraversano il confine meridionale del Messico per trovare rifugio nel Paese) vengono respinte dalle autorità messicane, denuncia Amnesty International. E ciò avviene proprio per le stesse ragioni cui Trump vuole un muro con il Messico. Nei tre Paesi del Centramerica la violenza è diffusa e i tassi di omicidi da quattro a otto volte superiore a quelli che l’Organizzazione mondiale della Sanità considera «endemici». L’autista di autobus, rimpatriato illegalmente dal Messico (che ha così violato il principio di «non respingimento» in un Paese che viola i diritti umani), è stato ucciso pochi giorni dopo aver rimesso piede in Honduras.