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 2018  gennaio 29 Lunedì calendario

Max Gazzè: «Non faccio il filosofo ma a Sanremo porto una leggenda epica»

ROMA In questo momento si trova ad Anzio vestito da corsaro, per girare il video de La leggenda di Cristalda e Pizzomunno, bella e originale canzone che presenterà tra pochi giorni sul palco del teatro Ariston: «Sarà una specie di Back to the future, con due vicende parallele che si svolgono una oggi e l’altra cent’anni fa», ci racconta Max Gazzè, un modo come un altro per sottolineare i tratti della storia che racconterà, sorretto quasi unicamente dall’orchestra, ma con un piglio da antico cantastorie. Niente ironia, nessun surreale gioco di parole, solo una leggenda, potente e antica.
Mai così serio a Sanremo, vero?
«Mi sembrava che la scelta di un racconto che riguarda la nostra tradizione, in un festival dedicato alla canzone italiana, fosse particolarmente appropriata. È una leggenda poco conosciuta, che mio fratello ha scoperto nel Gargano, la vicenda di un marinaio che rifiuta l’amore delle sirene e quelle infuriate rapiscono la sua bella Cristalda, così che lui rimane pietrificato, uno scoglio sulla riva, ma che ogni cent’anni si rianima per poter incontrare la sua bella per una notte, e chiunque la sente ne scopre la poesia, rimane colpito e poi mi sembra che un’archittetura sinfonica sia ancora più giusta e adatta, in fondo questo Sanremo potevo farlo o non farlo, ma nel caso doveva essere così, doveva essere diverso dal solito. Ho lavorato sull’empatia creata dagli strumenti, con un’idea romantica, ma anche epica, soprattutto nel ritornello.
Penso possa piacere al pubblico che segue Sanremo, com’era nei Sessanta, quando non c’erano sequencer e altre macchine, si era soli, con dietro l’orchestra, quindi in un certo senso sono quello che più rispetta la tradizione».
Nella sua diversità sembrerebbe quasi intenzionalmente polemico…
«No, non polemico, casomai il mio è un brano apocrifo».
Il pezzo farà parte di un doppio disco, realizzato all’interno di un progetto che ha definito “sintonico”, ovvero un misto di organico sinfonico e sintetizzatori.
Miscela piuttosto strana, non crede?
«In realtà suona molto più naturale di quanto si potrebbe immaginare. In un certo senso ha a che vedere col progressive, ma in chiave moderna, mi piaceva questa idea di sinfonia con strumenti sintetici, i due opposti».
Il titolo del disco, “Alchemaya”, fa riferimento a un’opera costruita su tematiche storiche mitologiche, esoteriche. Cosa si è messo in testa, non vorrà mica fare il filosofo della canzone?
«Per carità, però è il frutto di una curiosità che ho fin da quando ero bambino, e della scoperta fondamentale che si può sintetizzare in “so di non sapere”. È diventata nel tempo una ricerca continua e molti temi si sono intrecciati.
Dovendola definire, è come se io calpestassi saltellando la punta dell’iceberg di ogni argomento: la teoria della terra cava, la tavola di Smeraldo, l’interpretazione della visione biblica di Ezechiele, l’Enuma Elish, il poema della creazione babilonese, l’interpretazione della piramide di Cheope come generatore di frequenze, da riferimenti storici a percorsi più esoterici, intesi come momenti di presa di coscienza e spiritualità».
È come se stesse dicendo che vuole rispondere alla domande fondamentali: chi siamo, dove andiamo, da dove veniamo. Non sarà troppo per una manciata di canzoni?
«Ci mancherebbe altro, le mie sono solo suggestioni. Nelle canzoni non si può andare oltre. Diciamo che chi conosce questi temi, comprende i riferimenti, gli altri possono coglierne l’aspetto più fiabesco oppure incuriosirsi».
Non teme ritorsioni dai fan più abituati al sorriso, all’ironia giocosa delle sue canzoni?
«No, molte di queste canzoni le ho già portate in tour, e poi in tutti i miei album ci sono riferimenti a questa grande ricerca, in realtà ci sono abituati, poi se casomai dovessi correre questo rischio, vuol dire che il prossimo sarà un disco dance con la cassa dritta… scherzo, ovviamente, il fatto è che mi sembra giusto assecondare le mie inclinazioni, cerco di essere il più possibile onesto, erano anni che volevo fare una cosa del genere, sono contento e sono convinto che Sanremo sia il posto giusto per presentarla. Può piacere o no, ma almeno è una cosa».