la Repubblica, 28 gennaio 2018
La confraternita degli ultra-lettori
Per esempio, Elizabeth Strout. “Tutto è possibile è stato addirittura incensato dalla critica!”. “Ma non ne vale la pena…”. “L’hanno persino presentato al Festival di Mantova”. “Embè? A me non è piaciuto. E dire che è il sequel di Lucy Barton…”. E via così, il perfido club degli ultralettori di Torino legge e stronca, oppure ama e consiglia. Se una casa editrice potesse assumerli come consigliori ne sentirebbe delle brutte su certi romanzi appena usciti, “con pagine e pagine di riempitivo, che vergogna”. E Ian McEwan? “La ballata di Adam Henry è semplicemente noioso!”. “Troppa giurisprudenza, si potevano tagliare venti pagine…”. “Ma Espiazione è un capolavoro. E anche Miele, Sabato, Solar…”.
Dodici, come gli apostoli. Ma cattivi. Club snob e ristretto, o clan. Amici da anni, ma per rendere più interessante il loro hobby hanno escluso «chi non risiede in zona centro, infatti ci chiamiamo Biblioteca Centro». Quindi, fuori il compagno delle elementari che abita in collina. Il collega di università appassionato lettore ma residente in Borgo San Paolo, sciò. La faccenda «ha provocato naturalmente problemi enormi e molti litigi», dice uno degli adepti mentre assaggia un piattino di insalata russa ( nelle riunioni si beve e si mangia come in un racconto di Maupassant). «D’altra parte la cosa deve restare a numero chiuso. Perché il numero giusto è quello che può stare in una casa media, sennò non si capisce più niente. Quindi, che vadano al Circolo dei lettori, o in uno dei tanti gruppi di lettura, dove peraltro si leggono i libri ad alta voce, bah».
Professioni svariate con «esperienze trasversali», una certa predisposizione alla riservatezza, si vedono una volta al mese, a turno nelle varie case, si mettono i libri sul tavolo e si comincia. L’Istat (dati 2017) ha definito come lettori forti quelli che hanno letto almeno un libro al mese, cioè il 5,7 per cento della popolazione. Questi di Torino entrano nel sidereo mondo dei lettori potenti: settanta, cento libri l’anno a testa, anche più. Quindi, possono prendersi alcuni lussi. «Essere indipendenti, tanto per cominciare», dice la presidentessa, professoressa di filosofia. «Non vogliamo essere commercializzati, perciò teniamo all’anonimato. Tutti noi leggiamo molto, però non siamo ricchi e i libri costano molto cari. Perché dovrei comprare un libro per poi scoprire che è una fregatura? Lo compra solo uno di noi, poi passerà di mano in mano, e lo valuteremo». Malcontati, sono settecento in quattro anni.
In più, «i libri hanno bisogno di spazio, e nessuno può permettersi le biblioteche di una volta». E poi, di chi fidarsi? «La sòla è sempre in agguato. Leggi le recensioni, ascolti il consiglio del tuo libraio. Poi c’è il passaparola. Il nostro è un passaparola un po’ più strutturato». Che poi naturalmente si diffonde anche all’esterno, a raggi sempre più larghi, e quindi il potere del club in un certo modo si rafforza. Il libro x? Non compratelo. Quell’altro? Capolavoro.
C’è un catalogo, «con nomi e cognomi di chi ha preso, restituito e “socializzato”». Archivio digitale su un server del Maine, «dove si può accedere e vedere il giro dei libri, anche elettronici, e le recensioni, e persino la copertina del libro. Tutto circola e tutti leggono quasi tutto». Le novità, e persino i classici, che rientrano in gioco a sorpresa come «L’educazione sentimentale di Gustave Flaubert, l’abbiamo letto a sedici anni, ma ora è diverso, è persino meglio di Madame Bovary. Con quella patetica passione di Frédéric per una signora più vecchia di lui…». Vale la pena, mettere su un’organizzazione del genere, un po’ feticista ( la carta, prima di tutto). «I libri si vendono sempre meno, le librerie faticano. Resistono alcuni focolai dove il libro viene vezzeggiato», anche a costo di tagliare fuori gli amici, «che però potrebbero copiarci». In effetti, il modello è facilmente replicabile.