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 2018  gennaio 28 Domenica calendario

«La Ue impari dal mio Portogallo rafforzare l’euro ma senza austerità». Intervista ad Antonio Costa

DAVOS Sei anni fa, quando il Portogallo era sull’orlo del fallimento, un salvataggio europeo da 78 miliardi di euro e un piano di aggiustamento lacrime e sangue applicato alla lettera lo hanno trasformato nel pupillo dei fautori dell’austerità. Che citavano Lisbona come modello, contrapposta alla riottosa Grecia.
Finché, due anni fa, il socialista Antonio Costa è andato al potere con un governo di minoranza appoggiato dalla sinistra e ha girato il timone nella direzione opposta, cancellando i tagli agli stipendi e riducendo le tasse. Il risultato ha sorpreso tutti. Nel 2017 la disoccupazione è scesa ai minimi da 12 anni, all’8,4%, il Pil è cresciuto del 2,6%, record da oltre un decennio, e il disavanzo è precipitato all’1,4%, ai minimi dal 1974, dalla fine della dittatura. In quest’intervista esclusiva con Repubblica, il premier portoghese Antonio Costa spiega il segreto della rinascita del suo Paese. Lo abbiamo incontrato a Davos, dove ha annunciato che Google ha deciso di aprire il centro di ricerca per l’Europa, l’Africa e il Medioriente proprio in Portogallo. Un altro segnale della rinascita del Paese della Rivoluzione dei garofani.
Primo ministro, pur rifiutando l’austerità, avete centrato gli obiettivi di bilancio. Come?
«Abbiamo cambiato le politiche senza cambiare gli obiettivi.
Abbiamo puntato a rafforzare i redditi delle famiglie. E, creando 250 mila posti di lavoro negli ultimi due anni, la crescita non solo si è irrobustita, ma ci ha consentito di mantenere un bilancio in ordine».
Puntate sui consumi. Due anni fa lei è arrivato al potere e ha cancellato molti tagli, spaventando l’Europa…
«Più importante che rafforzare i consumi è stato rafforzare la fiducia. La crescita è aumentata anche per un miglioramento degli investimenti e dell’export.
Eliminando il taglio del 30% degli stipendi pubblici e dei salari, ma anche riducendo l’Iva e altre tasse».
Con Mario Centeno alla testa dell’Eurogruppo che direzione prenderà l’eurozona?
«Ci rafforzeremo nell’unità.
Vogliamo la fine della divisione tra Europa del Nord e del Sud. Centeno è un economista di prestigio e ha mostrato la sua bravura da ministro delle Finanze. Ora dobbiamo approfittare della fine della crisi per fare le riforme. E dobbiamo trovare il modo di prevenire le crisi future».
Secondo lei Angela Merkel e Wolfgang Schaeuble hanno diviso l’Europa?
«Non voglio personalizzare. Merkel l’ho sempre vista impegnata a unire e non dividere. Non posso dire lo stesso di Schaeuble. Ma abbiamo girato pagina. Siamo 19 Paesi con una moneta, non solo ‘unica’ ma ‘comune’. Che non è solo per alcuni ma per tutti. Ora dobbiamo rafforzarla».
Come?
«Anzitutto è un bene che ci siano delle forti proposte di rilancio. Per noi la priorità è completare l’Unione bancaria. Dobbiamo trovare un compromesso tra le preoccupazioni sulla condivisione dei rischi e la necessità di ridurli.
Bisogna creare il backstop per il fondo di risoluzione per le banche.
Riflettere su un Fondo monetario europeo. E avviare la discussione sul budget della eurozona. È la questione chiave. Non esiste al mondo una moneta senza un budget».
E che funzione dovrebbe avere?
«Per affrontare eventuali shock da disoccupazione. Per finanziare investimenti e aumentare il potenziale di crescita. Non penso che su questo sarà difficile trovare un accordo. Però bisogna anche capire i Paesi creditori che chiedono garanzie perché con il fondo non si finanzino politiche irresponsabili».
L’asse franco-tedesco e l’Europa a due velocità: teme una ‘dittatura dei grandi’ a danno dei Paesi piccoli come il suo?
«Certo, se si vogliono creare dei ‘noccioli’ dell’euro, che non sono aperti a tutti, è inaccettabile. Però siamo tanti, è difficile trovare sempre un consenso a 28.
Un’Europa a geometrie variabili esiste già, come dimostra Schengen, e può funzionare.
Dobbiamo imparare la lezione di Brexit e ascoltare anche la volontà dei cittadini».
Il suo governo di minoranza rischia di saltare?
«È una soluzione originale, ma è molto stabile. Abbiamo governato per due anni senza problemi, e abbiamo approvato tre bilanci e varie riforme. E abbiamo dimostrato che è possibile rendere compatibili le promesse fatte ai cittadini e quelle a Bruxelles. Tutti pensavano che senza austerità non fosse possibile restare nell’euro o viceversa, che bisognasse uscire dall’euro per evitare l’austerità.
Abbiamo dimostrato che esiste una terza via».