la Repubblica, 28 gennaio 2018
Nell’hotel belga di Puigdemont qui cova lo scontro con Madrid
BRUXELLES Il quartier generale dell’ex presidente catalano a Bruxelles è un casermone di 300 stanze, abbastanza anonimo e vuoto, che si trova all’inizio del boulevard Roi Albert II, in un quartiere di uffici, fuori dal centro della capitale belga. La tv pubblica locale, Rtbf, sostiene che Puigdemont abbia a sua disposizione nell’albergo, lo “Husa President Park”, una suite dove ogni tanto risiede mentre i responsabili dell’hotel riconoscono soltanto che abbia organizzato qui conferenze stampa e incontri di lavoro. In realtà, come sussurrano i suoi collaboratori più vicini, l’ex presidente catalano vive in un appartamento non lontano da qui proprio per evitare l’assedio di giornalisti e curiosi. E usa l’albergo quando ha bisogno di una vetrina internazionale.
Però a Bruxelles lo “Husa President Park” è un piccolo scandalo perché è sull’orlo del fallimento. La proprietà dell’albergo è di un gruppo alberghiero catalano, della famiglia dell’ex presidente del Barça, quello di Messi e Piqué, Joan Gaspart. E per questo è credibile che Puigdemont possa usare l’albergo gratuitamente per organizzare riunioni e perfino la festa dello scorso Capodanno. Ma lo “Husa President Park” è in gravi difficoltà: debiti per quasi 10 milioni di euro tra affitti arretrati, tasse locali, e stipendi al personale ( ridottissimo). Ma il possibile ritorno pubblicitario per essere diventato “quartier generale” dell’ex presidente catalano sembra spaventare tutti gli impiegati. Primo negare, poi ammettere solo dettagli. “Ma Puigdemont viene qui?”, “Ogni tanto”. “Ma non ha cenato qui ieri con Elsa Artadi, il suo braccio destro in Catalogna?”. “Non c’ero ieri e il ristorante chiude prestissimo”.
Da quando è arrivato a Bruxelles alla fine di ottobre, in fuga dall’ordine di arresto in Spagna, la vita di Puigdemont è stata avvolta nel segreto. Il timore ovvio è quello di essere seguito dai servizi di intelligence spagnoli anche dopo che il giudice del Tribunale supremo a Madrid ha ritirato l’ordine di cattura europeo. Una volta, per sviarli, Puigdemont ha dato un’intervista in un bosco fuori Bruxelles. La riservatezza è massima e nessuno dei suoi collaboratori ne conferma i movimenti. Ieri mentre il Tribunale costituzionale a Madrid decideva che annullerà il voto del Parlamento se l’ex presidente non sarà presente in aula, Puigdemont si è riunito con un gruppo ristretto di deputati arrivati da Barcellona. Sul tavolo c’erano tutti i possibili scenari per l’assemblea parlamentare di martedì. La strategia dei fedelissimi dell’ex presidente, una ventina di deputati della sua lista, è quella di dimostrare che la Spagna «è un Paese antidemocratico» che impedisce «al vincitore delle elezioni» di tornare alla presidenza. Un’idea è quella di presentare tutte le candidature a presidente regionale che Rajoy sarebbe costretto a chiedere al tribunale costituzionale di bloccare. Quindi prima Puigdemont e poi, a catena, quella di Jordi Sánchez, il leader dei movimenti civici indipendentisti in carcere, poi Oriol Junqueras, l’ex vicepresidente anche lui in carcere. Si è parlato anche, come ultima sfida, della possibilità che Puigdemont possa fare il discorso della sua candidatura dal parlamento fiammingo. Ma il problema di fondo resta: se non sarà in aula il voto verrà annullato, se torna in Spagna verrà arrestato alla frontiera.