la Repubblica, 27 gennaio 2018
M5S primo al 28%, nuovo calo Pd. Un elettore su due è ancora indeciso
Mentre la data del voto si avvicina, l’attenzione dei cittadini verso la politica e i politici cresce. E gli atteggiamenti cominciano a precisarsi, anche se restano ancora imprecisi. Il sondaggio di Demos per l’Atlante Politico di Repubblica, condotto nei giorni scorsi, offre, al proposito, molti indizi. Il primo, più evidente, è il grado di incertezza sulla scelta.
Ancora molto elevata. Gli elettori, infatti, si dividono in due parti (quasi) eguali. Tra chi afferma di avere già chiaro per quale partito o coalizione votare (50%) e coloro che, pur avendo già qualche idea al proposito, si dicono ancora indecisi (47%).
Non è una novità. La stessa tendenza era già stata osservata prima delle elezioni del 2013.
Quando più del 20% degli elettori affermò di aver deciso nell’ultima settimana prima del voto. Il 13%: il giorno stesso (Osservatorio elettorale LaPolis, Università di Urbino). D’altra parte, il tempo delle fedeltà politiche e di partito è ormai lontano. Per questo le indicazioni offerte dal sondaggio di Demos sono interessanti.
Perché confermano e, anzi, enfatizzano il clima di incertezza elettorale. Anche se manca poco più di un mese alle elezioni.
L’incertezza, peraltro, riguarda anche gli esiti del voto, soprattutto sul piano della distribuzione dei seggi (e dei collegi). Gli orientamenti elettorali appaiono, infatti, quanto mai frastagliati. In testa, davanti a tutti, tuttavia, si conferma il M5S, con il 28%.
Vicino alle stime di dicembre.
Mentre, dietro, il Pd scivola ancora. Ora è al 23%, due punti sotto rispetto al mese precedente. Ormai è poco più di metà rispetto alle elezioni Europee del 2014. Naturalmente, il calo del Pd si spiega anche con le defezioni e le scissioni che lo hanno esposto a sinistra. Dove Liberi e uguali (Leu) si attesta intorno al 7%. In calo di oltre mezzo punto, nell’ultimo mese.
A destra, Forza Italia cresce ed è vicina al 16%. Mentre, parallelamente, la Lega perde qualcosa, ma resta prossima al 13%. Insieme a FdI di Giorgia Meloni, i partiti di destra raggiungono quasi il 34%. E vanno oltre, se consideriamo le piccole formazioni di centro. Si confermano, così, prima coalizione. Anche perché mostrano maggiore “unità” rispetto a quanto si osserva a sinistra. Non per caso, fra gli elettori, continua a prevalere l’idea che vincerà il centro-destra (22%). Una prospettiva considerata poco più probabile rispetto al successo del M5S (20%). Mentre pochi ritengono possibile l’affermazione di Pd e centrosinistra. Anche fra gli elettori di questi partiti. Così, prevale l’incertezza e fra i cittadini si allarga la preoccupazione, meglio: la considerazione, che non vincerà nessuno. Che, dunque, per formare una maggioranza di governo, sarà necessario formare una “grande coalizione”. Oppure tornare nuovamente al voto. In fretta.
Un’ipotesi caldeggiata soprattutto dagli elettori di centro-destra e del M5S.
Questo clima pre-elettorale incerto e un po’ teso contrasta con l’orientamento dei cittadini verso il governo e verso il premier. Decisamente positivo.
Infatti, il giudizio verso il governo, nell’ultimo anno, non è mai sceso sotto il 40%. Oggi in lieve crescita rispetto gli ultimi mesi: 42%. Infatti, solo fra gli elettori del M5S e della Lega si presenta molto al di sotto della media. Mentre a destra, oltre che (ovviamente) a centro-sinistra, ma anche a sinistra, risulta molto (più) elevato. Questo dato è rafforzato dal grado di fiducia verso il premier, Paolo Gentiloni. Ancora “il più amato dagli italiani”. La stima nei suoi riguardi si avvicina al 50%.
Gentiloni, dunque, è considerato affidabile da quasi un italiano su due. Assai più degli altri leader di partito. Fra i quali, Di Maio e Salvini sono i più apprezzati.
Quelli che, inoltre, mostrano il maggior aumento di credito.
Insieme a Silvio Berlusconi. A conferma del ritorno del Cavaliere al centro del dibattito politico. In fondo alla graduatoria, insieme a Beppe Grillo e a Beatrice Lorenzin, troviamo anche il Presidente del Senato, Pietro Grasso. Sceso di recente in campo, accanto a Leu. Segno che non tutti, anzi, non molti hanno compreso – comunque: condiviso – questa scelta di campo. E, soprattutto, di ruolo. Al contrario, Emma Bonino fa osservare un indice di gradimento molto elevato: 42%.
Nella graduatoria, è seconda solo al premier. Va, però, sottolineato come il livello di considerazione verso la leader radicale sia sempre risultato molto alto. Anche in passato.
Perché a-ideologica, capace di comunicare e di esprimere il proprio impegno anche oltre le vicende e le difficoltà personali.
In generale, è interessante osservare come sia cresciuta, anche se in modo ridotto, la fiducia verso quasi tutti i leader.
D’altra parte, in questa fase, l’interesse dei cittadini verso la politica e i partiti è cresciuto. E la campagna elettorale si svolge, sempre più, sui media. E soprattutto in televisione. Dove la personalizzazione e la personalità dei candidati diventano essenziali.
Per questo motivo il largo consenso verso Gentiloni è significativo. Tanto più se confrontato con il gradimento verso Matteo Renzi, che si ferma poco sopra il 30%. Non molto elevato. Coerente con il limitato peso elettorale attribuito al (suo) Pd (il PdR). Mentre Gentiloni e il governo raccolgono un sostegno molto più ampio. Quasi doppio rispetto al Pd. E ciò sollecita qualche interrogativo, vista la differenza di stile e di personalità tra Renzi e Gentiloni. Che, almeno in questa fase, favorisce proprio Gentiloni. Il quale è fra i leader meno “estroversi” e “mediatici”. Un leader “im-populista”, ma, proprio per questo, “popolare”.
Perché, in tempi di populismo dilagante, muoversi sotto-traccia diventa un pregio.
Un modo per distinguersi dagli altri. Anche se gli sarà difficile mantenere un profilo basso e moderato in questa stagione elettorale. Che si annuncia molto calda. A dispetto del clima invernale.