Corriere della Sera, 28 gennaio 2018
David Zard, il re dei concerti
«Non ho mete, guardo all’orizzonte», rispose David Zard a chi gli chiedeva uno «slogan» per la sua vita.
Per l’impresario nato a Tripoli 75 anni fa nessuna conquista era abbastanza. Forse è stata proprio la sua feroce determinazione a permettergli di attraversare più di quarant’anni di musica, fra trionfi e sconfitte. Fino a ieri, quando si è spento dopo una lunga malattia al Policlinico Gemelli di Roma. Gianna Nannini su Facebook lo definisce il «poeta dello spettacolo». «La sua grandezza – scrive la rocker senese che negli ultimi anni ha lavorato con Zard – l’ha fatta credendo nella musica italiana e mediterranea a cominciare da Branduardi per andare al Banco del Mutuo Soccorso, Baglioni e a me... Ciao David e per sempre grazie». E Martin Kemp degli Spandau Ballet twitta: «Oh no, mio caro amico. Suonare in Italia non sarà più lo stesso senza di te». La sua eredità professionale la raccoglie il figlio Clemente che già da qualche anno affiancava il padre.
Nato a Tripoli, il 6 gennaio del 1943, da una famiglia ebrea, orfano di padre a 14 anni, comincia a organizzare feste e piccoli spettacoli. È costretto a fuggire dalla Libia nel 1967 prima della Guerra dei 6 giorni. Arriva in Italia e decide di utilizzare lo stadio Flaminio di Roma per un concerto dei Genesis. L’idea è rivoluzionaria e lo stadio gli viene negato. Ma lui si impunta e, alla fine, «si arrendono», ricordava. Da allora è inarrestabile: Aretha Franklin, Tina Turner, Elton John, Bob Dylan («Dicono abbia un brutto carattere: è solo timido»), Pink Floyd, Duran Duran. Da lui è passato il gotha del rock e del pop. Ci scherzava: «Mi mancano i Beatles, ma ero giovane».
Insieme a Franco Mamone introduce in Italia la figura moderna del promoter. Ma la sua carriera è fatta anche di sconfitte. «Mi sono sempre rialzato», sottolineava. Con David Bowie, nel 1990 a Roma, scivola sul costo dei biglietti (e non è una novità). In pieno fallimento prevendite è costretto a ridurre i prezzi da 65 mila delle vecchie lire a 40 e 50 mila. Ma la prima «vera batosta» gliela riserva nel 1974 Cat Stevens: Zard aumenta il biglietto da 1.500 a 3.500 lire e per bloccare la folla inviperita chiede di schierare mille poliziotti davanti ai cancelli. «Attaccai per la città dei manifesti, scusandomi dei prezzi, ma nonostante il tutto esaurito, ci rimisi», ha raccontato. Erano tempi turbolenti in cui tante persone esigevano di assistere ai concerti dettando le loro «regole» di autoriduzione e per le contestazioni violente spesso i live degeneravano in scontri con la polizia.
Gli anni Ottanta e Novanta rappresentano per Zard la vetta della sua carriera con gli show di Madonna («Ora è una signora ma all’inizio le stava a pennello la canzone di Loredana Bertè»), Michael Jackson («Siamo andati in giro in incognito, finché una donna lo riconosce e sviene») e Rolling Stones («Chiedono aragoste, ostriche e champagne per le maestranze»).
Senza porsi limiti lavora con il Cirque du Soleil, interpreta un cameo nel film «Il muro di gomma» (1991). Negli anni Duemila si dedica alla rinascita del «melodramma moderno». Con il successo di «Notre Dame de Paris» di Riccardo Cocciante, riapre la strada al teatro musicale in Italia, producendo «Dracula», «Tosca – Amore disperato» di Lucio Dalla, e l’altra opera di Cocciante «Romeo e Giulietta – Ama e cambia il mondo».