Corriere della Sera, 28 gennaio 2018
L’Osteria da Luca, metafora dell’Italia
Caro Aldo,
ciò che è successo a Venezia con il conto folle ai tre giapponesi è l’ennesima ripetizione del vizio italiano di essere furbi. Il mio cuore di italiano normale si fa piccolo e il mio senso di vergogna immenso.
Mauro Sabellico
Non si può rubare i soldi alla gente, a farne le spese sono sempre i turisti stranieri, bersaglio dei truffatori veneziani ormai famosi in tutto il mondo.
Andrea Meggiato
Per fortuna a Venezia non è così ovunque. Esistono posti dove mangiare bene spendendo come a Mestre o poco più. Vero è che molti esercizi di basso livello spremono i turisti.
Stefano Battaglini
Cari lettori,
non c’è dubbio che sia vergognoso portare un conto da 1.143 per quattro bistecche ma, diciamoci la verità, queste cose sono sempre accadute. Bisogna fare in modo che non accadano, e punire i responsabili. Però la vera lezione della storia dell’osteria da Luca è un’altra. L’ha colta bene sul Corriere Andrea Pasqualetto. Il locale è di proprietà di un anziano professore di Venezia, docente di sanscrito in pensione, Franco Rendich, 86 anni, il quale si gode all’Harry’s Bar il meritato riposo e l’affitto di 12 mila euro. Il proprietario neppure conosce l’affittuario, il cinese Zeng Chegyi: i soldi, pari allo stipendio annuale di un assistente universitario, arrivano regolarmente. Il professore, senza danneggiare nessuno per carità, fa quello che facevano i patrizi veneziani nel Settecento: anziché produrre la ricchezza, la estraevano dalla loro città, godendo le rendite di patrimoni accumulati nei secoli. A sua volta però il cinese subaffitta il locale per 20 mila euro: lui stesso, dinamico per non dire furbo, estrae la ricchezza dal lavoro di Kazi Babar, l’egiziano che gestisce l’osteria, probabilmente con altri extracomunitari pagati poco per lavorare molto. I prezzi truffaldini sono un reato; ma sono anche la conseguenza di un meccanismo perverso. Venezia genera incanto, meraviglia, e anche lavoro e affari. Quando mancano senso del rischio, disponibilità al sacrificio, gusto del lavoro ben fatto, allora arrivano gli imprenditori – e i prenditori – stranieri; talora con una spregiudicatezza che nuoce al nostro Paese.