Corriere della Sera, 28 gennaio 2018
La regina del K2 Dawa, la prima sherpa donna. «Così aiuto le altre»
Dawa Yangzum è nata e cresciuta nella Rolwaling, una valle remota a sud dell’Himalaya, dove il Nepal confina con il Tibet. Appartiene all’etnia degli sherpa, il popolo delle montagne, sin da piccola ha respirato l’aria leggera dell’alta quota, circondata da oltre cinquanta vette sopra i seimila metri. Nel suo villaggio molti sono scalatori di professione, tutti uomini. «Rispetto agli altri gruppi, gli sherpa sono molto più liberali rispetto al ruolo delle donne nella società – spiega Dawa al Corriere —. Tuttavia, l’alpinismo è un campo prevalentemente maschile. Per una donna è molto difficile affermarsi».
Dawa ce l’ha fatta, ed è entrata nella storia. A 27 anni è la prima donna in Asia ad avere ottenuto il brevetto di guida, a conquistare dopo cinque anni di prove ed esami durissimi il certificato dell’Ifmga, la prestigiosa federazione internazionale delle guide di montagna.
Lady Sherpa, come è stata ribattezzata, appartiene a una nuova generazione di scalatori nepalesi, più consapevoli e indipendenti, che non salgono solo per accompagnare le spedizioni occidentali, ma decidono di essere loro stessi protagonisti. Dawa, in cordata con altri tre, lo scorso dicembre ha concluso la «prima ascesa» del Langdung (6.357 metri). Nel suo curriculum c’è anche l’Everest, nel 2012, e il K2, due anni dopo («È stato il momento più bello della mia vita»). Racconta Dawa: Amo le montagne e amo soprattutto fare alpinismo. Anche se la mia professione mi spinge a viaggiare tutto l’anno tra il Nepal, gli Stati Uniti e il Sud America, due mesi all’anno li dedico a scalare per me stessa, soprattutto esplorando vie non ancora percorse».
Ha l’indole innata della pioniera. Nel suo villaggio c’erano una settantina di guide, tutte molto apprezzate, ovviamente tutti maschi. «Ero piccola, li sentivo parlare del monte Everest, e non capivo cos’era».
Le vette le ha iniziate a domare correndo. A 18 anni si dedica all’ultra trail, a 20 arriva prima all’Everest sky race, al termine di una prova estenuante di 349 chilometri. Proprio durante una gara che si concludeva al campo base dell’Ama Dablam, alza gli occhi verso la cima e capisce cosa c’è nel suo futuro. «Nel mio paese mai nessuna donna lo aveva fatto, la gente mi diceva che ero fuori di testa. Non è facile far cambiare idea alle persone...».
Una sfida quasi impossibile, in un mondo ristretto nel quale su 7.000 guide alpine in tutto il mondo solo l’1,5% è rappresentato da donne. E nessuna, fino a ieri, asiatica. L’anno di svolta per Dawa è il 2012, quando viene accolta al Khumbu climbing center e l’alpinista Conrad Anker la sceglie per partecipare alla spedizione sull’Everest per celebrare i 50 anni dalla prima ascesa americana.
Lady Sherpa ha una forza fisica fuori del comune. «La mia insegnante diceva che ero molto forte. I ragazzi avevano paura del vento, io invece no». E una volontà di ferro. «In questi anni mi sono preparata duramente» dice con orgoglio. Ha incrociato molti alpinisti. «Non ho mai scalato con gli italiani – ammette – ma ho conosciuto Tamara Lunger quando affrontai il K2». L’alpinista altoatesina è quella che due anni fa ebbe la forza di capire che doveva fermarsi a 70 metri dal Nanga Parbat, lasciando salire i compagni di cordata. Anche Dawa l’anno scorso tornò indietro quando ormai era prossima alla sommità del Kanchenjunga, 8.586 metri, la terza più alta al mondo. È la prima lezione della montagna: essere ambiziosi ma capire quando è il momento di non andare oltre.
«Voglio continuare a scalare ancora per molto tempo – promette Lady Sherpa —. Ma ciò che mi motiva di più è riuscire a condividere le mie esperienze, soprattutto con le potenziali alpiniste, trasmettere le nozioni fondamentali, spingere all’avventura all’aria aperta le donne, soprattutto quelle dei Paesi in via di sviluppo. All’inizio può sembrare difficile, ma lentamente, passo dopo passo, si va sempre avanti».