Corriere della Sera, 28 gennaio 2018
I «voli d’amore» di Trump. Haley reagisce: voce disgustosa
WASHINGTON Michael Wolff l’ha buttata lì, nel corso di un’intervista televisiva a «Real Time» con Bill Maher per promuovere il suo bestseller, «Fire and Fury», il racconto di un anno alla Casa Bianca. «Donald Trump ha una relazione con una donna importante. È una storia vera al 100%. Ne ho accennato nel libro, ma non avevo le prove definitive per rivelare il suo nome». Il fossato che separa l’illazione da una notizia verificata è stato rapidamente colmato dalla rete. La «donna importante» in questione sarebbe Nikki Haley, l’ambasciatrice americana all’Onu.
Il teorema si poggia sulla frase contenuta nella paginetta e mezza (305-306) dedicata ad Haley. Eccola: «Il presidente aveva continuato a trascorrere un notevole periodo di tempo con Haley sull’Air Force One, in privato». L’aggettivo chiave, naturalmente, è «private». Da intendere come momento di riservatezza: incontri tra «Donald» e «Nikki» che sul web sono rapidamente diventati appuntamenti amorosi ad alta quota. Tanto che l’ambasciatrice all’Onu, 46 anni, sposata con due figli, si è sentita costretta a intervenire: «È una voce disgustosa, non è assolutamente vera. Sono stata sull’Air Force One una sola volta e c’erano molte altre persone nella stanza con me».
Wolff, 64 anni, non ha aggiunto altro. Ma la replica di Haley merita di essere letta fino in fondo: «Quando sei una donna in una posizione di potere e sostieni in modo deciso le tue posizioni e dici sempre quello che pensi, c’è sempre una piccola percentuale di persone che se ne risente e ti lancia delle frecce per ridimensionarti».
C’è un punto, però, che non è ancora entrato in questa discussione. Nel libro, la figura di Haley compare solo nell’«Epilogo», in un passaggio che descrive le manovre degli «opportunisti». L’ambasciatrice è una di loro perché, secondo il giudizio diffuso alla Casa Bianca: «è ambiziosa come Lucifero».
Wolff ricorda come l’ex governatrice si sia avvicinata a Ivanka, la figlia prediletta del presidente. E poco altro.
Ma per il resto possiamo guardare in archivio. Nikki Randhawa, figlia di immigrati indiani Sikh, diploma da ragioniera, inizia a far politica fin da ragazza. Nel 1996 sposa Michael Haley e nel 2010 diventa la prima donna governatrice del South Carolina. Si avvicina al Tea party, il movimento antitasse; è decisamente contraria all’aborto ed è fautrice della linea dura sull’immigrazione illegale. Sale alla ribalta nazionale il 9 luglio del 2015 quando vieta l’esposizione pubblica della bandiera confederata, simbolo adottato dai suprematisti bianchi. Per gli standard del suo Stato è un atto di coraggio non solo politico. Il 12 gennaio 2016 viene scelta dal Partito repubblicano per tenere il contro discorso sullo Stato dell’Unione, in risposta a quello ufficiale di Barack Obama.
Nelle primarie repubblicane appoggia prima Marco Rubio e poi Ted Cruz. Ecco che cosa diceva di Donald Trump: «Chi non sconfessa il Ku Klux Klan non può essere il nostro candidato». Sono anche queste le parole «forti» rivendicate da Nikki nella dichiarazione di ieri? L’unica cosa certa è che le ha dimenticate rapidamente. Il 23 novembre 2016 il presidente eletto la indica come ambasciatrice all’Onu. Haley accetta con entusiasmo.