Corriere della Sera, 28 gennaio 2018
La prigione del Ritz si svuota (ed esce Al Waleed )
Il Ritz-Carlton di Riad è una prigione impenetrabile. Passandovi davanti in auto sulla Mecca Road è possibile intravedere solo da lontano il sontuoso palazzo immerso in una luce dorata. Qui, dove il re ospitava una volta i capi di Stato, sorge l’hotel circondato da 21 ettari di giardini dietro un cancello sbarrato e sorvegliato da guardie. Intorno alla mezzanotte del 4 novembre, sono stati portati al Ritz oltre 200 principi, ministri e imprenditori, tutti accusati di corruzione. La retata, voluta dal principe ereditario 32enne Mohammed bin Salman, serve a recuperare miliardi di dollari sottratti negli anni alle casse (ora in crisi) del Regno, ma anche – dicono i critici – a regolare i conti con possibili rivali. La liberazione, l’altro ieri, del più noto e più ricco degli «ospiti speciali» del Ritz, il principe Al Waleed bin Talal, indica tuttavia che la prigione più lussuosa del mondo sta per tornare alla sua vecchia funzione.
Pare che all’inizio i prigionieri fossero increduli e molto arrabbiati (si dice che qualcuno dei più anziani ci abbia lasciato la pelle per infarto). Pensavano che la prova di forza sarebbe durata poco, ma poi hanno cominciato a cedere. L’intera operazione è avvenuta in un clima di segretezza: nessuno a Riad concede interviste «on the record» sull’argomento, ma nei salotti le voci sono tante. Si dice che per molti il prezzo della libertà sia stato la consegna del 70% o addirittura il 90% dei propri averi (il principe Miteb bin Abdullah, capo della Guardia Nazionale, ha perso 1 miliardo di dollari; i fratelli Bin Laden, proprietari della multinazionale delle costruzioni, hanno ceduto al governo le loro azioni). I 95 che ancora rifiutano di patteggiare rischiano il carcere. Ma è più facile mettere dietro le sbarre un ministro, piuttosto che un nipote del fondatore dell’Arabia Saudita come il sessantenne Al Waleed, che grazie a una fortuna di 17 miliardi, alle quote in Twitter, Apple, Four Seasons e ai suoi rapporti con i tycoon di tutto il mondo è considerato all’estero il volto più noto del Regno.
La suite Il principe Al Waleed era accusato di riciclaggio, estorsione e corruzione. A dicembre le autorità, per fargli pressione, sarebbero arrivate a far volare nella capitale l’imprenditore canadese Alan Bender, che ha rappresentato una donna che sosteneva di aver avuto un matrimonio segreto con il principe. Non è chiaro quale accordo abbia raggiunto per lasciare il Ritz, ma pare che tornerà alla guida della sua Kingdom Holding, situata in una torre di Riad imponente come l’Occhio di Sauron nel Signore degli Anelli. Ad assicurare che sarà scagionato da tutte le accuse è stato lo stesso Al Waleed, in un’intervista concessa alla Reuters nella sua suite poche ore prima del rilascio. «Era un po’ più magro, un po’ più grigio e molto più barbuto del solito, ma aveva ancora la spavalderia di un uomo che beve da una tazza con la sua faccia stampata sopra», nota la giornalista Katie Paul. Le ha offerto un tour dell’ufficio, compresa la cucina con i piatti sporchi, per smentire le voci che fosse stato portato in carcere o torturato: le scarpe da tennis nell’angolo pronte per andare a correre, il frigo pieno di frutta e verdura (è vegano). «È come stare a casa, viene pure il barbiere. Gestisco gli affari per telefono, parlo con la mia nipotina». Il principe ha negato le voci che per liberarlo il governo volesse 6 miliardi. «Non ci sono accuse, è tutto un malinteso. Abbiamo una nuova leadership in Arabia Saudita e vogliono mettere i puntini sulle i. Io ho detto: per me va bene, non c’è problema, fate tutte le verifiche».
Sul perché Al Waleed sia stato arrestato ci sono diverse teorie: una è che suo cugino Mbs (l’erede al trono) nel prendere il controllo dell’economia voglia porre fine al potere della Kingdom Holding che ha agito a lungo come un’estensione dello Stato; un’altra è che Al Waleed avesse preso dalle casse reali un prestito mai restituito quando i suoi investimenti furono colpiti dalla crisi finanziaria del 2008; e c’è anche chi dice che avrebbe criticato in privato le riforme del cugino. Ma ora molti credono che Mbs voglia chiudere «la fase del Ritz», che non offre una bella immagine del Regno e preoccupa gli investitori stranieri. Secondo il Financial Times, inoltre, il tentativo di recuperare i fondi depositati dai prigionieri in banche straniere in diversi casi si è dimostrato vano. Così negli ultimi giorni anche altri imprenditori, come Waleed bin Ibrahim al-Ibrahim, fondatore e presidente di Mbc (di cui fa parte Al Arabiya ), la compagnia dei media più grande del Medio Oriente, sono stati rilasciati.
La gente comuneNon è un caso che la retata anticorruzione sia iniziata poco prima dell’impopolare aumento delle tasse e dei tagli ai sussidi sulla benzina. Il nuovo ministro delle Finanze Mohammed al-Jadaan (il suo predecessore è finito dal Ritz) ha assicurato che i soldi confiscati ai corrotti verranno usati per finanziare nuovi sussidi. Tra i sauditi che abbiamo intervistato a Riad e Gedda – gente non ricca, lavoratori – c’è chi crede che le mosse di Mbs possano migliorare il Paese, ma molti altri non parteggiano per nessuno in quelle che vedono come lotte tra fazioni da cui il popolo non trarrà vantaggio. Ora il principe Al Waleed dichiara fedeltà a re Salman e Mbs «in tutti i loro sforzi per costruire una nuova Arabia Saudita». Quanto al Ritz, si dice che lo staff impeccabile in questi tre mesi abbia avuto un aumento. Da San Valentino le 492 camere torneranno disponibili: la più economica a 650 dollari. Ora è l’hotel più famoso del mondo.