Corriere della Sera, 27 gennaio 2018
Una tavola di legno sosteneva la rotaia. L’ipotesi del rischio sottovalutato
MILANO C’è qualcosa di strano sotto il «giunto isolato incollato» protagonista del disastro ferroviario di mercoledì a Pioltello. È una tavoletta di legno che come una zeppa di emergenza è stata posizionata prima del deragliamento proprio nel punto in cui la rotaia si è rotta. È la dimostrazione che qualcuno sapeva con certezza che quel binario aveva dei problemi tecnici e che potrebbe averne sottovalutato i rischi in un tratto attraversato ogni giorno da 500 treni.
La tavoletta è ancora lì ed è ben visibile nelle fotografie scattate dopo la tragedia che ha causato la morte di tre persone e il ferimento di altre 95 che viaggiavano alle 6.57 di giovedì scorso sul treno pendolari Cremona-Milano Garibaldi. Si intuisce che deve essere un parallelepipedo all’incirca di 30 per 40 per 5 centimetri che, è l’ipotesi più accreditata al momento tra gli investigatori, potrebbe essere stato posizionato per evitare che il giunto «sbattesse», cioè che cozzasse continuamente contro la massicciata ogni volta che passava un treno. Chi l’ha messa ha dovuto ricavare tra le pietre una sede in cui sistemarla in attesa di un intervento più radicale. Una soluzione che verrebbe usata nella manutenzione dei binari come rimedio tampone, ma che in questo caso, evidentemente, non sarebbe stata la più adeguata. Per stabilire se e come la «toppa» abbia avuto un ruolo nella rottura ci vorranno le perizie dei due esperti nominati dai pm milanesi Maura Ripamonti e Leonardo Lesti che, coordinati dall’aggiunto Tiziana Siciliano, indagano ancora contro ignoti per disastro ferroviario colposo. Un tecnico esperto nella materia, che vuole rimanere anonimo, sostiene che con il passare incessante dei treni la massicciata può avere ceduto facendo abbassare di qualche centimetro la tavoletta e allargando lo spazio tra essa e la rotaia che, a quel punto, potrebbe aver vibrato eccessivamente fino a spezzarsi negli ultimi 23 centimetri per cedimento strutturale.
L’errore umano, di questo si parla tra chi lavora al caso, non si esaurirebbe qui perché alla soluzione discutibile si aggiungerebbe anche una previsione sbagliata della sua capacità di resistenza nel tempo. Rete ferroviaria Italiana, che gestisce i binari, classifica gli interventi, in caso di «difetto rilevante», tra «immediati», da fare subito fermando il traffico, seguiti da quelli da fare entro 48 ore e poi da quelli che si possono completare entro due settimane nell’ambito di un programma già stabilito. Chi ha messo la tavoletta potrebbe aver valutato che il problema rientrasse nella terza categoria e che lo si potesse risolvere con la sostituzione dei giunti che era prevista per le prossime settimane. Quelli nuovi erano già pronti lungo la massicciata.
«Si chiama manutenzione correttiva, una scorta d’emergenza pronta sul posto, così in caso di necessità si ha già il pezzo pronto», spiega a Radio 24 Umberto Lebruto, direttore produzione di Rfi. La società esegue controlli rigorosi e continui su tutta la rete, bisognerà capire perché il cedimento non è stato segnalato né dal «treno diagnostico» che, come fa ogni 15 giorni, anche l’11 gennaio ha analizzato il tratto e neanche dai macchinisti dei treni precedenti. «Non c’erano difetti importanti per interventi a stretto giro», precisa Lebruto.
Gli investigatori non sono ancora in grado di dire quando è stato posizionato il pezzo di legno e da chi. Hanno tutta la documentazione sugli interventi di manutenzione fatti. Sarà utile a capire anche il perché nessuno abbia deciso di ridurre la velocità dei treni in quel punto. Più di un dubbio c’è anche sui bulloni che serrano le staffe laterali del giunto. Dalle foto si vede che dei quattro della rotaia rotta, uno si è spezzato, un altro manca. Anche su quella parallela uno è rotto. Potrebbero essere stati danneggiati dalle ruote del treno nel deragliamento, e quello che manca asportato da qualcuno dopo l’incidente. I segni dell’ossidazione intorno ai fori, però, non paiono uguali, il che lascia ipotizzare un’esposizione all’aria (e un indebolimento della struttura) precedente all’incidente. Lavoro per i periti che analizzeranno anche i vagoni gestiti da Trenord.