La Stampa, 29 gennaio 2018
Diventa un film l’avventura della comunità mondiale di 500 traduttori nata nella camera di un ex adolescente di Torino
Sono in mezzo a noi. Studenti, architetti, avvocati, infermieri. Vivono in Italia, Inghilterra, Germania, Usa. Sembrano persone comuni, ma chiusi nelle loro stanze alla luce di un monitor si trasformano per portare a termine la loro missione: sottotitolare le serie tv straniere per migliaia di spettatori.
I membri della community Italiansubs sono supereroi? Così li vede Franco Dipietro, regista del documentario «Subs Heroes»: «Come Superman celano la loro identità e come Batman si muovono tra legalità e illegalità. Hanno un fine nobile: far imparare agli italiani l’inglese. E lo perseguono senza chiedere un euro, nonostante occasioni e tentazioni. Come tutti i supereroi, hanno dei nemici».
Italiansubs ha 516 mila utenti registrati, e circa 500 traduttori nel mondo. Soprattutto, conta 50 mila download di sottotitoli a settimana, sovrapponibili in un paio di clic ai video: anche oggi che le serie arrivano in tempo reale da tutto il mondo, che non si è più costretti ad aspettare – e subire – le scelte dei programmatori dei palinsesti. La community ha avuto un ruolo non secondario nei cambiamenti di abitudini dei telespettatori. E resiste allo sbarco di colossi come Netflix: tantissimi continuano a preferire i sottotitoli di Italiansubs, ormai studiata anche nelle Università.
Una tesi sulla terminologia scientifica in «Grey’s Anatomy» dimostra come le traduzioni amatoriali siano spesso più accurate di quelle ufficiali. «I nostri studenti non solo scrivono tesi sul fansubbing – dice Serenella Zanotti, ricercatrice all’Università Roma 3 – ma diventano fansubbers». I «subbers», sottotitolatori, sono appunto «fan», e la qualità ne guadagna. I sottotitoli della distribuzione sono trasposizioni dei dialoghi doppiati, adattamenti spesso non letterali; e anche la celebratissima scuola di doppiaggio italiana fatica a stare dietro ai ritmi con cui vengono sfornate nuove serie. E a volte si sente. Con i titoli dei fansubbers non accade che Alicia Florrick dopo tre stagioni dia improvvisamente del lei a Diane Lockhart a cui aveva sempre dato del tu.
«Se il doppiaggio è fatto bene il film ne guadagna – dice Elettra Caporello, dialoghista e adattatrice – e io sono d’accordo con quello che diceva Pasolini: i sottotitoli deturpano l’immagine». Ma Pasolini diceva che pure il doppiaggio deturpa il suono. Certo è che dal vedere una serie in lingua originale difficilmente si torna indietro. Il doppiaggio diventa quasi insopportabile. E poi, si pensa sempre all’inglese: ma a qualcuno è mai passato per la testa di doppiare «Gomorra»? Il dialetto nei vicoli di Napoli è forse meno peculiare nel dare verità ai personaggi dell’accento british di Elisabetta II in «The Crown»?
E dire che tutto iniziò nel 2005 nella cameretta di un adolescente, tra carte dei Pokemon, poster di «The O.C», un modem a 56K e un pc «che allora era una bomba», ricorda Andrea Toscano, nickname Klonni – ormai mitico fondatore della community. Un sedicenne doveva assolutamente vedere cosa accadeva al giovane Superman di «Smallville», e si ribella «alla dittatura di Italia 1». Crea Italiansubs a novembre 2005: i primi nemici sono altri fansubbers, che iniziano ad hackerarlo. Ma è una lotta tra nerd, e Klonni la vince in un mese. A marzo 2006 sul sito sono mille.
Più serio l’attacco indiretto sferrato in Olanda l’anno scorso da «Brein», associazione che protegge il diritto d’autore nei Paesi Bassi: ha fatto causa a Bierdiopje, equivalente olandese di Italiansubs. E ha vinto. Ma i sottotitolatori con una petizione hanno raccolto 30 mila euro e fatto appello: la decisione deve ancora arrivare. Ecco la zona grigia: i sottotitoli amatoriali violano il copyright? «Noi non forniamo i video, ma solo i sottotitoli e non ci guadagniamo», si difendono dalla community. Ma la partita è aperta.
Tra il 2005 e il 2017 i siti di fansubbing sono nati in tutto il mondo, e hanno indirettamente fornito alle emittenti un’analisi preziosa delle preferenze del pubblico. Il salto di qualità e di quantità per Italiansubs è avvenuto con «Lost». Se fino ad allora era stata l’impazienza a mettere in moto la macchina che sfornava i sottottotitoli, oggi è soprattutto la voglia di mettersi alla prova e di confrontarsi: i fansubbers italiani si incontrano in grandi meeting a Volterra e a Bologna. Hanno dai 15 ai 60 anni, sono amici, qualcuno si è sposato e ha fatto figli. Difendono strenuamente il principio di farlo solo per passione. Essere gratuiti non è solo un modo per stare nei confini della legalità, ma è forse il segreto più profondo del successo: se fosse un’azienda, non sarebbe una community.