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 2018  gennaio 28 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - MORTE DEL PADRONE DELL’IKEAREPUBBLICA.ITL’imprenditore svedese Ingvar Kamprad, fondatore di Ikea, è morto

APPUNTI PER GAZZETTA - MORTE DEL PADRONE DELL’IKEA

REPUBBLICA.IT
L’imprenditore svedese Ingvar Kamprad, fondatore di Ikea, è morto. Aveva 91 anni. Grazie all’intuizione del mobile low cost da montare a casa, Kamprad ha fondato un vero e proprio impero economico, con grandi centri vendita in praticamente tutti i paesi del mondo. Creata oltre 74 anni fa, all’età di appena 17 anni, la catena Ikea nell’esercizio 2015-2016 ha registrato utili per 4,2 miliardi facendo del suo fondatore, con un patrimonio personale stimato in circa 33 miliardi di dollari, uno degli uomini più ricchi del Pianeta. Ikea ha oggi 190 mila dipendenti e un giro d’affari annuale di 38 miliardi di euro.

The founder of IKEA and one of the greatest entrepreneurs of the 20th century, Ingvar Kamprad, has passed away at the age of 91. pic.twitter.com/DxyALH1LQ9

— IKEA Today (@IKEAtoday) 28 gennaio 2018
Ricordando la nascita del suo impero del mobile in occasione del suo 90esimo compleannno, Kamprad in un’intervista spiegava: "Mi ha sempre mosso la voglia di fare economia risparmiando". "Io mi vesto solo comprando usato, se possibile al mercato delle pulci", aggiungeva. In quell’occasione l’imprenditore spiegava anche la sua scelta di tornare a vivere in Svezia dopo un lungo soggiorno in Svizzera per ragioni fiscali. "L’ammontare delle tasse non è tutto, alla fine mi sono detto che conta più vivere a casa, tra gli amici con cui sono cresciuto da ragazzo e poi da giovane adulto, e i dipendenti che sono come una famiglia-azienda", chiariva.
Ingvar KampradCosì, dopo la morte della moglie con cui aveva condiviso una vita, era tornato a vivere in una modesta villetta-casolare vicino a Aelmhult, la cittadina della regione meridionale di Smaland dove era nato, e dove a soli 17 anni, nel 1943, lui piccolo produttore di fiammiferi (i famosi ’svedesi’ appunto) fondò Ikea.

Kamprad nel passato aveva fatto parlare di sé anche per i suoi legami con il movimento giovanile nazista durante la Seconda Guerra mondiale. Simpatia che poi lui stigmatizzò in seguito come "la follia della giovinezza" e "il più grande errore della mia vita". Nel 2012 aveva lasciato la guida dell’azienda ai tre figli, pur mantenendo comunque un piede all’interno. Ingvar Kamprad, una vita per immagini 1 di 10 Immagine Precedente Immagine Successiva Slideshow "La sua eredità sarà ammirata per molti anni a venire e la sua visione, volta a creare una vita migliore per tante persone, continuerà a guidarci e ispirarci", ha fatto sapere in un comunicato Jesper Brodin, amministratore delegato  e presidente del Gruppo IKEA.

30 MARZO 2016 INTERVISTA AD ANDREA TARQUINI
STOCCOLMA - Ai grandi vecchi, a volte, si perdona tutto. Tanto più se sono eroi del capitalismo familiare, se hanno sempre gestito l’azienda come una grande famiglia, e pur tra scelte giovanili orrende e furbizie fiscali hanno fatto qualcosa per il sistema-paese come brand a livello mondiale. In questo senso, buon compleanno Ingvar Kamprad. Qui in Svezia in fondo glielo augurano tutti, anche i molti che lo criticano da sempre. Già: oggi lui, il fondatore ed eterno patron di Ikea, compie 90 anni. Si concede ad autocritiche e confessioni, ma non mostra nessuna voglia di farsi da parte. I tre figli, cui pure ha lasciato posti e ruoli nel consiglio di sorveglianza, dovranno aspettare.

“Mi ha sempre mosso la voglia di fare economia risparmiando”, narra Ingvar Kamprad nella lunga intervista-confessione all’ottimo tv news network svedese TV4. E chi non gli crede, deve solo vedere le immagini dell’intervista: è vestito casual, vecchie camicie da farmer americano e cardigan attempati. “Io mi vesto solo comprando usato, se possibile al mercato delle pulci”, così egli spiega il suo credo. Scelta singolare, per uno degli uomini più ricchi del mondo. Il patrimonio della famiglia-azienda è stimato sui 40 miliardi di euro. E adesso i dati sono più precisi, perché Ingvar Kamprad, dopo decenni (dal 1973) di residenza in Svizzera, scelta ovviamente per risparmiare i duri prelievi dell’inflessibile fisco svedese, è tornato a casa. Anche come contribuente. Dal 2014: da allora, dichiarando entrate equivalenti a 1,9 milioni di euro, ha pagato ogni anno almeno 650mila euro all’erario. Ok, diciamolo: la Svezia paese-guida del Grande Nord si è riformata duramente negli ultimi dieci anni, e si è rilanciata anche tagliando le spese (ma non ricerca scientifica e istruzione) e il prelievo fiscale sulle aziende.

“L’ammontare delle tasse non è tutto, alla fine mi sono detto che conta più vivere a casa, tra gli amici con cui sono cresciuto da ragazzo e poi da giovane adulto, e i dipendenti che sono come una famiglia-azienda”, narra Kamprad. Così, dopo la morte della moglie con cui ha condiviso una vita, è tornato a vivere in una modesta villetta-casolare vicino a Aelmhult, la cittadina della regione meridionale di Smaland dove è nato, e dove a soli 17 anni, nel 1943, lui piccolo produttore di fiammiferi (i famosi ‘svedesi’ appunto) fondò Ikea. Il mobile fai-da-te per tutti, low cost ma di prestigioso design scandinavo. Nel dopoguerra del Piano Marshall e dell’èra post-Bretton Woods del dollaro, l’idea fu un successo immediato. Col boom della Svezia socialdemocratica e iperindustriale, poi in Nordamerica, in Europa e su scala mondiale. Chi non ha mai usato o montato un mobile Billy o un tavolo da lavoro Ikea con sedia ergonomica annessa, probabilmente non ha vissuto la realtà dell’economia globale. Il patron di Ikea compie novant’anni 1 di 4 Immagine Precedente Immagine Successiva Slideshow Successi, trionfi, e anche macchie e ombre su una vita lunga e illustre. Da giovane, come non pochi svedesi dell’élite del regno neutrale in guerra, Ingvar simpatizzò con il nazismo. Non si macchiò mai di crimini, ma certo non partecipò neanche agli atti eroici della Svezia neutrale per salvare le vittime di Hitler: né alla grande operazione quando con barchette e navi gli svedesi portarono in salvo a casa loro gli ebrei dalla Danimarca occupata, né al ‘Piano degli autobus bianchi’. Erano bus Volvo dell’epoca, in servizio in tutta l’Europa occupata per Croce rossa e diplomazia svedesi, e con carte false fecero fuggire migliaia e migliaia di predestinati alle ‘docce’ col Zyklone-B e ai forni. Ingvar Kamprad non partecipò a quell’avventura, che costò la vita al rampollo prediletto della maggiore famiglia d’imprenditori svedese, i Wallenberg, gli Agnelli del Nord cui il mondo deve Volvo, in parte Saab aeronautica, e la fondazione della compagnia aerea Sas. Raoul Wallenberg, diplomatico a Budapest, salvò migliaia e migliaia di ebrei, poi dopo l’arrivo dell’Armata rossa sparì nel GuLag. Poche ore fa famiglia e rappresentanti legali l’hanno ufficialmente dichiarato morto.

Fu uno shock, per la Svezia socialdemocratica nel midollo che si sente coscienza morale del mondo intero, sapere che Kamprad era stato filonazista. Lui seppe evitare il peggio, a se stesso ma soprattutto a famiglia e azienda: si scusò in pubblico chiedendo al mondo di non prendersela coi suoi dipendenti, con la città-famiglia dove talenti di design e start-up accorrono dal mondo intero, quasi come a Stoccolma metropoli It per eccellenza. “In futuro fidatevi dei miei figli, oggi sui cinquant’anni, abbiamo imparato insieme a lavorare e a non abbandonare le idee originarie”, ha detto a TV4. Insomma, le colpe dei padri non ricadono sui figli, né sui dipendenti.

L’opinione pubblica svedese lo ha perdonato, i mercati globali anche. Tv e cinema scherzano sulla sua parsimonia avara da Paperone: un canale norvegese ha da poco prodotto un telefilm in cui terroristi che lo rapiscono sperando in un riscatto impazziscono per disperazione. Come i Wallenberg, o come gli eredi di Viktor Hasselblad, produttore ieri e oggi delle più avanzate fotocamere del mondo con un’azienda familiare, Kamprad resta a modo suo un simbolo del modello svedese iperesportatore di high tech design e stile per tutti. Non ha certo lo smalto dei capidinastia Wallenberg o del vecchio Hasselblad, né dei politici-creatori del sistema-paese, da Tage Erlander a Olof Palme, eppure è anche lui parte indistruttibile di quella storia di successo. Anche se, con tricks legali, il gigante del mobile da design per tutti continua a dichiarare non in Svezia ma fuori buona parte degli utili. Un sistema-paese che tra primato a eccellenze, high tech e istruzione, rigore dei conti sovrani, politica dei tassi centrali negativi della Riksbank più spinta che ‘chez Draghi’ si sa dare tassi di crescita annui del quasi 4 per cento, e un Pil fatto circa a metà da export industriale e internettiano, dai jet Saab Gripen a Skype, Spotify e appunto Ikea, può permettersi anche qualche ombra nelle storie dei suoi grandi capitani d’industria. E via, non è detto che possano scagliare la prima pietra contro Stoccolma potenze come la Francia della lobby atomica/militare e protezionista o la Germania delle casse di risparmio sovvenzionate.

INTERVISTA GIANLUIGI PARACCHINI CDS
EPALINGES — «Che male c’è confrontare i prezzi sulle bancarelle e scegliere le cose più convenienti? O andare al mercato prima della chiusura, quando fanno gli sconti? Penso sia meglio passare per tirchi che buttare i soldi dalla finestra». Una legittima esternazione da modesto pensionato può assurgere a massima filosofica se a pronunciarla è uno degli uomini più ricchi del mondo, Ingvar Kamprad, più noto come «Mister Ikea» (fortuna personale stimata attorno ai 18 miliardi di euro), lo svedese che oltre 60 anni fa ha inventato l’omonima azienda, rivoluzionando su scala planetaria il modo di arredare e di abitare (il fondatore è morto a 91 anni il 28 gennaio, in Svezia). L’ultimo bilancio Ikea parla d’un fatturato da 19,8 miliardi di euro (1,3 miliardi alla voce-Italia) in un tripudio di continua espansione territoriale e commerciale. Ma di fronte a una tale opulenza di cifre lui non si scompone. Anzi, vive quasi da povero. Vestiti più da bocciofila che da alta finanza, vecchie macchine, voli economici su Easy-Jet e abbonamenti in metrò nelle grandi città. Insomma zero lusso, zero sprechi, zero clamori. I suoi eccessi? Qualche tempo fa si è permesso una Porsche. Ma poi forse si è pentito. «In genere, non voglio strafare né essere diverso dai miei clienti: ci tengo a dare il buon esempio. Ogni tanto mi piace regalarmi qualche bella camicia, qualche cravatta e adoro cenare con pesce del mare scandinavo». Come giorni fa, in occasione del suo compleanno: 82, portati bene nonostante la fluttuante simpatia per l’alcol. Certo, un anziano ipermiliardario lo si immaginerebbe sempre sotto le palme in panama e bermuda. Invece il suo buen retiro, dignitosamente anonimo, è Epalinges, cantone svizzero di Vaud, 800 metri di altitudine, 7700 abitanti, 10 minuti di macchina da Losanna e dal suo freddo lago. Svizzera per via delle tasse, pensano molti. Ma non solo. Intanto Epalinges è circondata dalle foreste, richiamo non secondario per il figlio d’un guardaboschi che ha fondato un impero del legno. E poi consente di nascondersi, come il più tranquillo dei pensionati. «In fondo sono in pensione dall’ 85», ama sdrammatizzare, mentendo perché all’Ikea non si muove foglia (di frassino o di abete) che lui non voglia. Anche la casa rispecchia i parametri minimalisti del proprietario, che qui vive con la moglie Margaretha, da cui ha avuto tre figli, Peter, Jonas, Matthias (44,41,39 anni) tutti ormai inseriti, ma senza troppe coccole, nella vetta del gruppo. È un piccolo complesso di bungalow bianchi, vicino al golf. Due chiacchiere con i vicini sul tempo, che non è mai un granché ma fa niente, stradine strette, un bel silenzio nordico. L’interno? Una rigorosa applicazione del catalogo aziendale che con i suoi quasi 170 milioni di copie in 24 lingue, passa per essere il testo più consultato al mondo dopo la Bibbia. Leggenda vuole che i suoi mobili il signor Ingvar se li monti, spartanamente, da sé, primo fondamento del credo ikeasco. Ai supermercati Migros e Coop (davanti all’hotel Union) le commesse lo vedono spesso con la moglie alle prese con sacchetti, borse e monetine. «Persona gentile, affabile - dicono - ma a vederlo, più simile a tanti altri signori anziani magari in difficoltà ad arrivare a fine mese che a un riccone». Questa dimensione casalingo-minimalista non gli impedisce però di viaggiare molto e mai per divertimento (ultima destinazione, Vietnam), di tastare il polso costantemente all’azienda e di mettere su tutte le decisioni il suo punto di vista. Che è sempre vincolante, anche perché raramente ha sbagliato obbiettivo. Altra massima: «Bisogna fare quello che si sa. Io sono abbastanza bravo a vendere mobili anche se sono anziano. Non sono il tipo da orto o da giardinetti ». Non ha tutti i torti.

PEZZO DI MICHELANGELO BORRILLO E SILVIA MOROSI
L’imprenditore svedese Ingvar Kamprad, fondatore di Ikea, è morto domenica 28 gennaio nella sua casa di Småland, in Svezia. Aveva 91 anni. Grazie all’intuizione del mobile low cost da montare a casa, ha fondato un vero e proprio impero economico, con centri vendita in quasi tutti i Paesi del mondo (175 negozi in 31 Paesi). Creata oltre 74 anni fa nella città natale di Aelmhult, all’età di 17 anni (con i soldi regalati dal padre al termine degli studi, come premio, ndr), la catena Ikea oggi dà lavoro a 190mila persone e genera un volume d’affari annuale di 38 miliardi di euro. Nell’esercizio 2015-2016, ad esempio, ha registrato utili per 4,2 miliardi. Una macchina che ha fatto del suo fondatore, con un patrimonio personale stimato in circa 33 miliardi di dollari, uno degli uomini più facoltosi del Pianeta. Secondo la rivista Forbes nel 2007 Kamprad si è posizionato al quarto posto degli uomini più ricchi del mondo.

Il ricordo del successore e del premier

«La sua eredità sarà ammirata per molti anni a venire e la sua visione, volta a creare una vita migliore per tante persone, continuerà a guidarci e ispirarci», ha fatto sapere in un comunicato Jesper Brodin, ceo e presidente del gruppo. «È stato un imprenditore unico, che ha avuto una grande importanza per l’economia svedese», gli ha fatto eco il premier della Svezia, Stefan Löfven. È stato, infatti, fonte di ispirazione «con una grande forza di impegno a livello internazionale e per il territorio svedese». Ovviamente anche Ikea, sul suo profilo Twitter, ha dedicato al suo fondatore un dolce pensiero: «Ingvar sarà ricordato con affetto e mancherà molto alla sua famiglia e ai colleghi in tutto il mondo».

L’origine del nome «Ikea»

Il fondatore di Ikea, Ingvar Kamprad (Ansa)

Dietro il nome Ikea non si nasconde una parola svedese, bensì un acronimo delle iniziali di Ingvar (I) Kamprad (K) e di Elmtaryd (E) e Agunnaryd (A), rispettivamente la fattoria e il paese del sud della Svezia dove Kamprad crebbe. Inizialmente Ikea vendeva fiammiferi, penne, orologi, cornici, calze di nylon, tutti a prezzo rigorosamente ridotto. I mobili vennero introdotti solo nel 1950 e sei anni dopo ci fu l’intuizione di venderli smontati, in modo che i clienti potessero — con poche e semplici istruzioni — assemblarli a casa, riducendo così i costi. Figlio di contadini, Kamprad è diventato uno degli uomini più ricchi del mondo con una semplice promessa alla quale hanno creduto milioni di consumatori: «Una casa da sogno a prezzi da sogno».

shadow carousel Ingvar Kamprad, morto a 91 anni il fondatore di Ikea Ingvar Kamprad, morto a 91 anni il fondatore di Ikea Ingvar Kamprad, morto a 91 anni il fondatore di Ikea Ingvar Kamprad, morto a 91 anni il fondatore di Ikea Ingvar Kamprad, morto a 91 anni il fondatore di Ikea Ingvar Kamprad, morto a 91 anni il fondatore di Ikea Ingvar Kamprad, morto a 91 anni il fondatore di Ikea Ingvar Kamprad, morto a 91 anni il fondatore di Ikea Ingvar Kamprad, morto a 91 anni il fondatore di Ikea Ingvar Kamprad, morto a 91 anni il fondatore di Ikea PrevNext

Le simpatie (contestate) per il nazismo

Residente in Svizzera dal 1977 al 2014, si era messo in pensione da alcuni anni lasciando il posto ai tre figli (Peter di 44 anni, Jonas di 41 e Matthias di 39). Trasformando però la società in fondazione per impedire eventuali dispute di successione. Dopo la morte della moglie con cui aveva condiviso una vita, era tornato a vivere in una modesta villetta vicino a Aelmhult, la cittadina dove era nato, e dove lui — piccolo produttore di fiammiferi — fondò appunto Ikea. Kamprad nel passato aveva fatto parlare di sé anche per i suoi legami con il movimento giovanile nazista durante la Seconda Guerra mondiale. Simpatia che lui stesso stigmatizzò, indicandola come «la follia della giovinezza» e «il più grande errore della mia vita». È rimasto famoso per aver sempre condotto — nonostante il successo — una vita semplice, «viaggiando in classe economica e guidando una vecchia Volvo», come lui stesso raccontò in varie interviste. Disse anche di aver acquistato abbiti solo ai mercatini di seconda mano per dare il buon esempio. Amava passeggiare nei boschi e fare la spesa nel supermercato del paese. Nel 2014 dalla Svizzera era ritornato in Svezia.

La fortuna di un modello

Kamprad non ha mai voluto quotare in borsa l’azienda che si è espansa grazie a un modello imprenditoriale basato sulla continua ricerca di qualità e design a basso costo, sulla modularità degli arredi, sull’assemblaggio da parte del cliente, sulla diffusione capillare del catalogo, sull’acquisto online, su nuovi tipi di promozione come l’opportunità nei centri di vendita di aree per bambini e punti ristoro con prodotti alimentari svedesi (come le famosissime polpette, ndr). In Europa i negozi Ikea sono stati aperti negli anni ’70; in Italia sono arrivati nel 1989 (il primo a Cinisiello Balsamo) e ora sono 21.