La Stampa, 27 gennaio 2018
Il business delle mascotte fa ricco il Giappone. A Kobe usano i pupazzi per attrarre gente su bus e metro
Vanno da quella kawaii, carina, a quella raccapricciante, ci sono quelle dall’aspetto mostruoso e quelle che ispirano tenerezza, sono le yuru-kyara ovvero le mascotte che in Giappone si trovano praticamente ovunque.
Utilizzate per promuovere fiere, eventi sportivi, il turismo di piccole e grandi mete turistiche, alcune mascotte sono così famose da aver già ottenuto un riconoscimento internazionale. Ad esempio Domo-kun la mascotte del canale televisivo nazionale «Nhk». È una sorta di mostriciattolo dalla forma rettangolare che fece la sua prima apparizione in Giappone alla fine degli anni ’90 e da allora è stato un trionfo: negli Stati Uniti è stata adottata per motivi promozionali da Target, ovvero la seconda catena di discount-store americani.
Il boom delle mascotte nasce nel 2004 grazie a un ex disegnatore di manga Jun Miura, che inventò il nome yuru-kyara. Prima di allora le mascotte erano esclusiva dei parchi di divertimento come Disneyland Tokyo. La prova del loro grande successo sta in Kumamon, ovvero la mascotte della prefettura di Kumamoto. La Banca del Giappone ha calcolato che l’effetto economico dell’orsacchiotto dalle guance rosse è stato di 124,4 miliardi di yen (1miliardo di euro) solo negli ultimi due anni.
Le mascotte non solo aiutano a promuovere l’economia regionale, ma sensibilizzano anche un pubblico più vasto su temi di rilievo socio-culturale vedi le mascotte che si battono per l’energia solare. La line ferroviaria della città di Kobe in una della sue tratte poco frequentate ha pensato bene di creare ben due mascotte, Shin-chan e Tetsu-kun, per aumentare il traffico di passeggeri. Le due mascotte sono poi apparse anche come emoji nei telefonini dei residenti all’interno della più popolare app di comunicazione giapponese, ovvero Line.
Ma nonostante le buone intenzioni non tutte le mascotte riescono bene e invece di attirare interesse e curiosità si trasformano in bestie abominevoli che fanno piangere i bambini.
È accaduto con la mascotte del ponte Togetsukyo di Kyoto, che in sostanza è una sorta di fantasma con un improbabile ponte sulla schiena e il volto congelato in un urlo inquietante.
Oppure la mascotte della città di Takanabe, una sorta di essere deforme con tante piccole testoline che spuntano da un’unica grande testa e otto minuscole braccia, una di quelle creature di cui sono fatti i peggiori incubi dei più piccoli.
C’è anche la mascotte soppressa e poi risorta. Si tratta di Katsue-san che è stata creata dalla città di Tottori e cassata appena tre giorni dopo il suo debutto a causa della sua apparenza giudicata deprimente. Il personaggio in questione – un’adolescente dallo sguardo sofferto, vestito con abiti rattoppati e con una rana in mano – era ispirato a una tragedia accaduta nella vita reale nel castello di Tottori nel XVI secolo. Le intenzioni della città erano quelle di usare la mascotte per diffondere la storia della piccola comunità a un pubblico più vasto, ma dopo che i residenti hanno preso visione dell’incarnazione plastica della loro cittadina hanno preso a protestare per evitare di far passare il messaggio di una comunità di indigenti. Tuttavia nonostante il divieto apposto dalla città stessa di riutilizzare la mascotte prematuramente freddata è stata resuscitata come personaggio in una rivista semestrale di manga.
Ora la speranza è che le mascotte da designare per le prossime olimpiadi di Tokyo nel 2020 possano trainare il turismo della città anche per recuperare parte dei tanti miliardi spesi per la messa in scena dei giochi. Il comitato delle mascotte olimpiche ha annunciato i candidati il 7 dicembre scorso e saranno le scuole di tutto il paese a votare i migliori. Il duo vincente (Olimpiadi e Paralimpiadi) sarà annunciato a febbraio di quest’anno.