La Stampa, 27 gennaio 2018
La sfiducia svuota le casse delle Ong. Le donazioni si riducono del 10%
La voce di Valerio Neri, direttore generale di «Save the children», la Ong che lamenta quattro morti in Afghanistan solo qualche giorno fa, eppure in Italia è passata per essere complice di nefandezze terribili con gli scafisti, si carica di dolore quando deve parlare di come gli italiani si stanno comportando nei confronti delle organizzazioni umanitarie.
«Sa qual è stato il frutto avvelenato di quest’estate terribile, quella del fango su noi presunti “taxisti del mare”? Che tutto si è sporcato, anche l’attività umanitaria. I nostri ragazzi che stanno sulla strada, quelli che ogni tanto vedete con la pettorina, mi raccontano che è diventato difficile avvicinare le persone. Un tempo bastava aprire il banchetto e le persone si avvicinavano sorridenti. Ora sono diffidenti e scostanti».
Chiamatelo sospetto. Fatto sta che il clima è cambiato nei confronti delle Ong. E si teme un flop nelle donazioni. Un calo che potrebbe oscillare tra il 5 e il 10% delle donazioni private. Moas, la Ong maltese che proiettava nel Mediterraneo ben due navi e un aereo da ricognizione, ha ormeggiato la sua Pheonix a Dubai. Lamenta che si sarebbero dimezzati i sostenitori. Anche Medici senza frontiere è senza fiato dopo che le donazioni sono calate di quasi 10 milioni di euro in sei mesi. Pure «Save the children» si è accorta che le cose vanno male sul versante della raccolta fondi. Dice Valerio Neri: «Non tanto per chi ha deciso di abbandonare: qualche centinaio di sostenitori su una platea di quattrocentomila. Numeri fisiologici. Quel che ci addolora è che mancano all’appello i nuovi sottoscrittori. Rispetto alle stime che avevamo fatto l’anno scorso, ci manca il 4,5% di nuovi sostenitori».
È più che probabile, insomma, che ai prossimi bilanci delle organizzazioni umanitarie mancheranno milioni di euro. A pagarne il prezzo saranno tanti mirabili progetti di aiuto. Meno pozzi saranno costruiti nelle aree desertiche. Meno bambini avranno cibo o materiale sanitario. Meno scuole saranno aperte. Meno comunità verranno sostenute nella loro lotta per la sussistenza. Il rischio vero è che questo calo delle donazioni, per paradosso, porti a più immigrazione incontrollata.
Dicono le statistiche di Open-cooperazione, un cartello di 100 Ong italiane, che il bilancio complessivo umanitario in Italia nel 2016 pesava per 661 milioni di euro. Di questi, il 65% sono fondi istituzionali e il 35% sono di privati. Questi ultimi possono arrivare in varie forme: dalla tessera d’iscrizione al finanziamento per singolo progetto, alla donazione, alla scelta del 5 per mille in sede fiscale. Sono stati 541.332 i singoli sostenitori. Mezzo milione di persone che in qualche caso ora dubita.
«La cosa che più ferisce – dice Francesco Petrelli, Oxfam Italia – è il danno reputazionale. Per noi il dramma non è perdere soldi, ma perdere credibilità. Con la favola dei taxi del mare è stata colpita un’idea, non tanto la singola organizzazione, per cui ci aspettiamo tutti un contraccolpo, nazionali e internazionali, piccoli o grandi».
Nel giro delle Ong, sono in molti a interrogarsi. Emergency, che pure nel Mediterraneo non c’era, ha già notato molta freddezza. E anche una Ong di medie dimensioni, come la torinese Africa Rainbow, sente un clima di ostilità. «Tralascio la valanga di insulti che arrivano – dice il dottor Paolo Narcisi, il suo ispiratore – ma quel che ci preoccupa non sono i tifosi da curva, quelli ci sono sempre stati, quanto la gente comune. Quelli che non hanno una conoscenza esatta di chi siamo e che cosa facciamo. L’abbiamo già visto: chi ci stima, continua a sostenerci. Tanti altri ora non ci permettono nemmeno di avviare il discorso».