Il Sole 24 Ore, 27 gennaio 2018
Debito italiano, sostenibilità a rischio nel medio periodo
In un contesto elettorale segnato in Italia da controverse promesse elettorali e dichiarazioni politiche, la Commissione europea ha pubblicato ieri l’annuale rapporto sulla sostenibilità dei debiti pubblici nei paesi dell’Unione. La relazione torna a mettere l’accento sulla situazione italiana, dove lo stock di indebitamento rimane molto elevato, «esposto a shock sfavorevoli». Nel medio periodo i rischi non possono essere ignorati, anche per via di politiche monetarie prevedibilmente più restrittive.
La relazione, che non rappresenta la posizione del collegio dei commissari e che è stata preparata dai servizi tecnici della Commissione, nota che i livelli di debito nell’Unione sono scesi nel corso del 2017. Più volte in questi ultimi mesi, l’esecutivo comunitario si è congratulato con i paesi membri per gli sforzi nel ridurre l’indebitamento pubblico, ormai basso rispetto ad altre aree del mondo. Il saldo primario si è stabilizzato poco sotto l’1% del prodotto interno lordo.
Tuttavia, «dieci paesi europei sono ritenuti nel medio termine a rischio elevato di sostenibilità di bilancio per via della pesante eredità debitoria della crisi economica, deboli prospettive di bilancio e/o particolare sensibilità agli shock sfavorevoli», scrivono gli economisti della Commissione europea nel loro rapporto. I paesi in pericolo sono il Belgio, la Spagna, la Francia, la Croazia, l’Ungheria, il Portogallo, la Romania, la Finlandia, il Regno Unito, e naturalmente l’Italia.
In effetti, il rapporto bruxellese fa una differenza tra il breve, il medio e il lungo termine. Come nella relazione del 2016, nessun paese sembra a rischio di stress debitorio nel breve periodo. L’Italia presenta rischi soprattutto a medio termine. Nel più lungo periodo, grazie anche a riforme incisive del sistema pensionistico, il paese è ritenuto «a basso rischio di sostenibilità» del debito, che nel 2017 ammontava al 132,1% del prodotto interno lordo.
Come detto la relazione è particolarmente tecnica. Gli economisti della Commissione europea si sono lanciati in vari scenari per calcolare la sostenibilità dei debiti pubblici. I fattori presi in esame sono l’evoluzione della crescita economica, l’andamento della politica monetaria della Banca centrale europea, la struttura delle maturità del debito pubblico, la demografia nazionale. Il tutto viene analizzato al netto di politiche economiche decise dal governo in carica.
Interessante è il calcolo effettuato sulla base di un balzo del tasso di riferimento della Bce di 100 punti base (oggi è uguale a 0). Senza misure compensative, gli economisti bruxellesi calcolano che da qui al 2028 vi sarebbe un aumento cumulato del debito pubblico italiano di 9 punti percentuali di Pil. L’impatto a livello comunitario sarebbe pari a 4,5 punti percentuali di Pil. Nel caso inoltre di un sensibile incremento dello spread italiano, l’aumento potrebbe essere in Italia di 12,5 punti percentuali.
«Stabilizzare il debito in un contesto di tassi di interesse alti richiederebbe sforzi maggiori», notano gli economisti. Il rapporto giunge mentre non vi è partito italiano che, con lo sguardo rivolto al voto del 4 marzo, non proponi tagli alle tasse o aumenti della spesa, nonostante un forte indebitamento pubblico. Di recente, il commissario agli affari monetari Pierre Moscovici ha ricordato che un paese è tanto più competitivo e prospero quanto più a un debito pubblico basso (si veda Il Sole/24 Ore del 17 gennaio).
A questo proposito, da Roma il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan si è allineato ieri alla posizione del commissario europeo: «Senza una disciplina di bilancio – ha avvertito – l’utilizzo di risorse pubbliche è semplicemente uno spreco». Parlando della dimensione fiscale e criticando le promesse generose di alcuni partiti, il ministro Padoan ha sottolineato come una «riduzione selettiva e mirata delle imposte» debba avvenire «all’interno di vincoli di bilancio molto chiari».
Da anni l’Italia deve fare i conti con le pressioni dei suoi partner perché metta mano al suo elevato indebitamento. Il Patto di Bilancio, o fiscal compact, richiede una riduzione del debito di un ventesimo all’anno. In novembre, la Commissione europea si è detta infelice del bilancio 2018, ma ha scelto, come in passato, di rinviare alla primavera l’eventuale apertura di procedura per debito eccessivo. In un contesto politico fragile, la scelta è ritenuta, a ragione, molto delicata.