1 - A "STAMPUBBLICA" SUONA L' ORA DELLA LIBERA USCITA, 27 gennaio 2018
CERNO-BYL! - LA SVELENATA DI GIOVANNI VALENTINI SUL CONDIRETTORE DI “REPUBBLICA”: “LA VERITÀ È CHE CON LA CANDIDATURA-CIVETTA DI CERNO IL PARTITO DI RENZI FA UNA "CAMPAGNA ACQUISTI" DA CALCIOMERCATO, NEL DISPERATO TENTATIVO DI NON ESSERE ROTTAMATO A SUA VOLTA. ALTRO CHE COMPETENZA ED ESPERIENZA. DAL "PARTITO LIQUIDO" SI RISCHIA DI PASSARE ORA AL PARTITO LIQUEFATTO…” -
Estratto dell’articolo di Giovanni Valentini per il “Fatto quotidiano” […] La verità è che con la candidatura-civetta di Cerno il partito dell' ex rottamatore fa una "campagna acquisti" da calciomercato, nel disperato tentativo di non essere rottamato a sua volta. Altro che competenza ed esperienza. Dal "partito liquido" si rischia di passare ora al partito liquefatto.
2 - È LA “REPUBBLICA” DEL PD. IL SUO CONDIRETTORE SI È ARRUOLATO CON RENZI Giorgio Gandola per “la Verità”
«Ci ha usati come un taxi, buon viaggio». Quello di Tommaso Cerno dentro La Repubblica è durato tre mesi. Sufficienti al condirettore di Mario Calabresi per comprendere il manifestarsi della vocazione politica e accettare con entusiasmo la candidatura propostagli da Matteo Renzi; sufficienti alla redazione per elaborare un saluto tendente al gelido con la metafora della vettura pubblica.
L' enfant prodige del giornalismo progressista, imbarcato solo 90 giorni fa sulla corazzata di carta (ormai con le copie da rimorchiatore) per riequilibrare un ufficio di direzione definito «troppo renziano», è rimasto folgorato dal Pd di Renzi e correrà per il Senato, capolista nel listino blindato del Friuli, sua terra natale.
«Mi chiedono, ma ti candidi? Come fossi il primo italiano che sceglie di portare le sue battaglie culturali, dai diritti civili alla libertà di pensiero, dove possono diventare realtà. È una scelta di vita, personale, combattuta».
Nel tweet di conferma sembra tutto scontato. Ma non è così scontato che un giornalista di Repubblica - quindi con l' innata certezza di purezza professionale così come gli altri hanno il peccato originale - faccia una scelta di vita candidandosi con il Pd. E non è così scontato che le scelte di vita cambino ogni tre mesi, visto che il 25 ottobre scorso Cerno aveva pronunciato la stessa frase entrando al giornale.
Per Renzi arruolare il giovane condirettore (42 anni) affezionato ai talk show è un bel colpo perché il candidato riassume in sé alcune caratteristiche decisive per il marketing intellettuale del nostro tempo: è un fine parlatore, sa usare i social network ed è gay dichiarato. Inoltre può vantare un solido curriculum dentro il gruppo, che nonostante gli ultimi squassanti outing di De Benedetti senior resta la culla del centrosinistra.
Poiché Repubblica è un giornale-partito più potente di ogni schieramento politico, il passaggio da una poltrona all' altra suscita un dubbio: o non lo è più, oppure chi se ne va ha perso una battaglia. Propendiamo per la seconda ipotesi. Scelto dall' editore per restituire al quotidiano quello spirito barricadero che non sembra far parte del carattere gentile di Calabresi (definito un don Abbondio dall' Ingegnere), l' ex direttore dell' Espresso ha impiegato poco a capire che in redazione le barricate erano state innalzate contro di lui.
Circondato, anestetizzato. Un prigioniero che è andato in tv nell' ora d' aria a divagare sul berlusconismo anni Novanta e sulle storture del renzismo. E qui sta la conversione di Cerno davanti al seggio sicuro. Qualcosa che attiene alla religione più che alla cronaca, perché lui all' Espresso era stato fortemente antirenziano.
Presentando in un video l' inchiesta dal titolo Il Giglio Nero sulla vicenda Consip, Cerno incollava le foto di Tiziano Renzi, Luca Lotti e Denis Verdini sulla copertina del settimanale con una cura da Art Attack. E commentava: «Il groviglio toscano sembra volersi fare sistema. E pone delle domande a Renzi. Domanda di rispondere, prima dell' inchiesta giudiziaria e prima delle primarie del Pd, cosa lui sapesse su ciò che sta emergendo in questa indagine e cosa ha fatto per prendere le distanze. Vedremo se l' ex premier ci risponderà». Non erano i dieci quesiti di Giuseppe D' Avanzo al Cavaliere, ma l' inchiesta bastò per mostrare discrepanze mediatiche a sinistra.
Un altro tema sul quale il neocandidato del Pd ha sostenuto tesi opposte a quelle del Pd è relativo alle fake news. Mentre il governo Gentiloni edificava una Maginot attorno all' unica verità accettabile, la sua, Tommaso Cerno firmava un editoriale dal titolo: «Se il Paese delle balle di Stato ha paura della post verità». E lo svolgimento era tutt' altro che allineato alle tesi del premier e di Laura Boldrini. Anzi sembrava abbracciare argomentazioni grilline, movimento per il quale Cerno ha sempre provato simpatia.
«C' è un dibattito in corso nel Paese delle balle di Stato, quello di Ustica e del caso Moro per capirci. Fior di intellettuali, giornalisti, politici, magistrati e salumieri, con l' aiuto della suocera, discutono sul fatto che l' Italia sarebbe entrata nell' era della post-verità. E che serve un intervento in grande stile. Filosofeggiano, e più filosofeggiano più è chiaro che anche stavolta sotto sotto si cela una battaglia politica. Contro Beppe Grillo che a modo suo attacca. Perché il problema sotteso alle bufale sul web, nello stomaco dei politologi, è semplice: cui prodest? Se giova a Grillo va fermato.
Perché poi Renzi (o chi per lui) perde le elezioni». Così nove mesi fa, poi il passaggio a Repubblica deve avergli creato un benefico shock intellettuale in chiave Pd. Poco prima di Natale ha dedicato a Matteo Renzi due pagine di intervista che neanche certe suocere, come uno che ha visto la luce. Era il segnale, non l' abbiamo colto.