La Stampa, 26 gennaio 2018
L’arte di invecchiare. New York, al Moma designer e scrittori si confrontano sull’economia della longevità
Negli ultimi settant’anni, l’aspettativa di vita è raddoppiata nei Paesi sviluppati. L’Italia è tra i Paesi più longevi, le persone con più di 65 anni superano i 13,5 milioni (22,3%) di cui 4,1 milioni over 80. Questa trasformazione demografica ha diverse implicazioni economiche, politiche e sociali affrontante in modo «artistico» alla conferenza The New Aging al Moma di New York, per far luce sulle problematiche ma anche sulle opportunità. Non a caso la curatrice Paola Antonelli è partita da un articolo di Bernice Neugarten del New York Times del 1975 sull’ascesa del «giovane anziano», dove per la prima volta la terza età era percepita come una fase che può essere vissuta in modi diversi, libera da stereotipi. Si vive più a lungo ma anche meglio grazie alla medicina, un fatto che ha creato una nuova economia della longevità che promuove prodotti e servizi come le creme antirughe, corsi di fitness e programmi dietetici.
La discriminazione
Ciò nonostante, secondo la scrittrice e attivista Ashton Applewhite, il problema non è invecchiare, ma una forte discriminazione contro gli anziani. Da diverse ricerche emerge che per la maggior parte delle persone le fasi più felici della vita siano quelle dell’infanzia e della vecchiaia, eppure invecchiare è percepito come una malattia. Gli anziani devono battersi contro pregiudizi che li isolano quando invece i rapporti sociali sono quelli che aiutano a vivere meglio la terza età. Infatti nelle Blu Zones del mondo, dove le persone vivono bene e più a lungo, come per esempio la Sardegna, la penisola di Nicoya in Costa Rica e Okinawa in Giappone, oltre a una dieta sana, gli abitanti hanno rapporti stretti familiari e sociali.
Per le donne la situazione è peggiore, così come persone di colore e bassi ceti sociali. Le popolazioni più povere al mondo sono infatti donne anziane di colore. Bethann Hardison, un’ex modella e icona della moda che ha fondato la Diversity Coalition per l’inclusione in passerella, ha notato come sia proprio l’età la nuova frontiera da abbattere. Le modelle donne hanno una carriera più breve dei colleghi uomini, e sono costrette a cambiare professione appena il telefono smette di squillare. Allo stesso tempo, la difficoltà a trovare un posto di lavoro in età matura è spesso la prima esperienza di discriminazione affrontata da uomini bianchi.
Le nuove città
La segregazione delle persone anziane è anche un problema urbanistico. Carly Dickson, ricercatrice del Harvard Graduate School of Design, spiega come gli spazi urbani non devono non solo essere accessibili fisicamente, ma anche facilitare l’accesso sociale e esperienziale. Evitando gli accessi speciali che fanno sentire cittadini di seconda classe. In Brasile, la pianificazione urbana promuove e sostiene gli anziani, per esempio con grandi rampe usate da tutti, non solo da chi ha difficoltà a salire le scale. Anche in Inghilterra, dove spazi come il Barbican Center di Londra hanno un design che facilita l’interazione tra i visitatori.
La discriminazione di età è all’inverso in molti Paesi africani, dove la cultura di onorare gli anziani è molto radicata. Come spiega Liz Agbor-Tabi, direttore di 100 Resilient Cities, in Africa pochi vivono oltre i 50 anni, i sessantenni sono i custodi della cultura e delle tradizioni ed è imperativo per i giovani – il 40% della popolazione ha meno di 19 anni – prendersene cura. Le nuove generazioni non sono prese sul serio, non hanno possibilità lavorative e di finanziamenti. Questo ovviamente è ancora più difficile per le donne. Ma con l’urbanizzazione crescente si aprono nuove carriere e opportunità.