La Stampa, 26 gennaio 2018
Lo sgarbo di Toscanini e il lungo amore per l’Italia
Il rapporto fra Richard Strauss e l’Italia è uno dei temi meno noti al grande pubblico, ma di tale e inaspettata vastità che ha portato alla realizzazione di una mostra specifica e del relativo catalogo. Del compositore e direttore d’orchestra essa vuol mettere in luce non la filiazione all’interno della musica tedesca, secondo l’albero genealogico che da Liszt scende a Wagner e a Strauss medesimo, bensì la passione per la cultura mediterranea che rese l’Italia una meta continua di viaggi, per turismo e impegni professionali. In una vita estesa lungo 85 anni, Strauss venne in Italia per 55, con un totale di 57 viaggi, sovente a cadenza annuale: una fedeltà impressionante.
Il nostro Paese fu tanto luogo d’ispirazione nella sfera creativa – basti pensare alla giovanile fantasia sinfonica Aus Italien (Dall’Italia) – quanto di affermazione direttoriale. Strauss fece il suo debutto su un podio estero proprio in Italia, con un concerto milanese per la Società del Quartetto nel 1887, a 23 anni. Come direttore d’opera, invece, si presentò al Teatro Regio di Torino nel dicembre 1906 in un’occasione divenuta storica: dirigeva in prima italiana la sua Salome, il successo di scandalo che l’aveva consacrato un anno prima a Dresda come compositore teatrale.
Era al contempo il suo primo titolo rappresentato in Italia. Avrebbe voluto dirigerlo per primo Arturo Toscanini, che glielo aveva chiesto nel 1905 quando era attivo al Regio, il quale si procurò i diritti di esecuzione; ma nel frattempo Toscanini era passato alla Scala e avrebbe voluto dare lì l’atto unico straussiano: troppo tardi, perché il Regio aveva chiamato a dirigere proprio Strauss. I due teatri programmarono infine l’opera a breve distanza, Torino il 22 dicembre, Milano il 26: ma Toscanini volle anticipare la prova generale scaligera al 21, aprendola al pubblico per bruciare in modo informale il Regio. Strauss, ferito, annotò il gesto sulla propria agenda – esposta in mostra – definendolo «subdolo»; scrisse poi alla moglie che la sua presenza torinese aveva salvato l’opera in Italia, perché a Milano «Toscanini con un’orchestra spietatamente furiosa deve aver semplicemente fatto a pezzi i cantanti e il dramma».
La pace fu siglata almeno quindici anni dopo e infine Strauss venne invitato a dirigere alla Scala nel 1928 per un intero mese. Allora era ormai da tempo legato all’Accademia di Santa Cecilia a Roma, l’istituzione presso cui diresse più di frequente (17 concerti in tutto) e della quale era divenuto membro onorario. Nondimeno, le sue presenze a Torino, benché più rade, furono legate a momenti decisivi per la vita culturale della città. Quando l’imprenditore Riccardo Gualino diede vita nel 1925 al Teatro di Torino, Strauss assistette lì alla prima italiana della sua Arianna a Nasso e diresse due concerti con proprie musiche; quando poi l’Eiar creò nel 1932 l’Orchestra di Radio Torino, Strauss la diresse nella prima stagione, non ancora in abbonamento.
Nell’ambito compositivo, gli ultimi anni segnarono per lui la saldatura di mito greco e arte italiana. Per l’opera Daphne Strauss trasse ispirazione dal celebre gruppo scultoreo Apollo e Dafne del Bernini visto alla Galleria Borghese di Roma; lì vide anche il dipinto in cui Correggio raffigurò Danae, e quella leggerezza egli guardava per la propria opera L’amore di Danae. La classicità lo attrasse sempre di più, anche perché Strauss lavorò a quei soggetti mentre stava a Taormina, immerso nelle vestigia antiche, infinitamente amate come tutto il patrimonio archelogico e naturalistico della Sicilia. Era passato di lì in gioventù per motivi di salute, vi fece ritorno sinché gli fu possibile.