La Stampa, 26 gennaio 2018
Ahimè il tuo bacio
Guarda un po’ che succede: un ragazzo prova a baciare una ragazza che gli dà il due di picche. Praticamente, la biografia di tutti noi. Ma per fortuna ormai abbiamo l’età del Colosseo, sennò rischieremmo l’ergastolo per l’inesauribile continuazione del reato. Al ragazzo in questione, un pizzaiolo di 24 anni, era infatti capitato di incapricciarsi di una ventenne con cui lavora. Una sera si ritrovano sul retro della pizzeria. Lei gli fa il solletico, lui restituisce la moina e poi scende verso le labbra di lei, che resiste. Allora la cinge da dietro e le bacia il collo. Al secondo niet, lo sfortunato Romeo se ne va deluso. Tutto ripreso dalle telecamere. Fatto sta che la sera stessa arrivano i carabinieri e lo portano a Regina Coeli: violenza sessuale. Si fa cinque giorni in carcere e quarantadue ai domiciliari. L’altro giorno il processo. Il pubblico ministero chiede l’assoluzione perché – lo diciamo male, ma è il succo – l’imputato era convinto che lei ci stesse e s’è giocato le sue carte. Ovvio no? Ma, visti gli attuali rapporti fra i sessi, e siccome siamo tutti pieni di pregiudizi, non avremmo scommesso un euro sul lieto fine, tanto più che il collegio giudicante era composto da tre donne. Rivincita! Vendetta! Capro espiatorio! E invece no, puniti noi malpensanti, assolto il pizzaiolo. Ora lui che s’è fatto quarantasette giorni da detenuto contento non sarà. Però una buona notizia c’è: l’impazzimento generale da sindrome Weinstein è ormai più forte di qualsiasi logica e consuetudine, ma se Dio vuole non è più forte della legge.