il Giornale, 26 gennaio 2018
Come cresce il trasporto condiviso
La sharing economy (economia della condivisione) sta ridefinendo il mondo della mobilità. AlixPartners, società di consulenza globale, ha messo sotto la lente di ingrandimento il car sharing e il ride sharing, due settori che risultano mediamente in crescita, ma con trend differenti a seconda dei Paesi. Per esempio, in Italia e in Germania il car sharing (la messa a disposizione della collettività di veicoli equipaggiati ad hoc), cresce più velocemente del ride sharing, che include tutte le forme di fruizione collettiva di veicoli guidati da un’altra persona. In Francia e nel Regno Unito, invece, succede esattamente il contrario. Come si spiega il ritardo della Germania e dell’Italia nel ride sharing? «In questi due Paesi – spiega Giacomo Mori, managing director di AlixPartners in Italia – esistono regolamentazioni più stringenti nei trasporti con conducente, e le associazioni sindacali dei tassisti sono molto influenti».
Questo spiega perché, in Italia, Uber (una piattaforma web che permette a chiunque di offrire servizi analoghi ai taxi con la propria autovettura, ndr) è poco utilizzato e conosciuto. Va un po’ meglio nelle grandi città, come Roma e Milano, dove questo servizio è offerto da alcuni possessori di licenza Ncc (noleggio con conducente). Per contro, sta conoscendo un discreto sviluppo il ride sharing basato sulla piattaforma BlaBlaCar, che permette, a chi deve compiere un certo percorso con la propria autovettura, di offrire un passaggio ad altre persone, facendosi rimborsare via web. Nel car sharing, in Italia, i due leader sono car2go ed Enjoy. «Sia il car sharing sia il ride sharing – sottolinea Mori – sono business molto difficili da affrontare, motivo per cui in ogni Paese emergono uno o due brand». Il principale motivo che attira i consumatori verso il car sharing è il risparmio atteso rispetto al possesso di una autovettura. In parte, questa aspettativa è soddisfatta, ma gli utenti desidererebbero che i risparmi fossero più consistenti, insieme a una maggiore disponibilità di veicoli. «Queste due aspettative – fa notare Mori – non sono facilmente conciliabili. Per mettere a disposizione più veicoli, gli operatori di car sharing devono fare investimenti molto grandi».
Quello che è certo è che le declinazioni dell’economia condivisa nella mobilità crescono e tendono a impattare sulla vendita di autovetture. Secondo Mori, «a livello mondiale si calcola una riduzione di circa 15% correlabile al car e ride sharing». A tale calo di vendite, però, le aziende del settore automotive possono rispondere giocando un ruolo da protagoniste in questi settori con lo sviluppo e la produzione di nuovi prodotti e servizi. Uno sforzo – conclude Mori – che le aiuta a prepararsi anche a competere nell’era dei veicoli a guida autonoma». Il successo del ride sharing dimostra il desiderio di molti utenti di essere trasportati senza dover guidare. Una propensione che aumenta se i futuri autonomous vehicle vengono visti come un fattore di maggiore sicurezza.