la Repubblica, 26 gennaio 2018
La felpa di Pep, l’ultima frontiera del feticismo
Una sera d’inverno, a Bristol, s’è aperto un nuovo fronte, e non sapremo mai se fu per idolatria, ovvero per spontaneo slancio dell’anima, o per bieco calcolo mercantile.
Trattandosi di Inghilterra, valgono entrambe. Aden Flint, difensorone da sei piedi e sei pollici, l’aveva anche pensata bene, dopo la semifinale di Coppa di Lega tra Bristol City e Manchester City: io ho segnato un gol, loro hanno passato il turno, quindi Pep sarà contento, non si offenderà, io mi butto. Così Flint si affaccia su Guardiola e gli propone lo scambio: ti do la mia maglietta, mi dai la tua giacchetta? È una felpa blu con cappuccio, Pep la mette spesso, ha anche appuntato il fiocco giallo per gli indipendentisti catalani in carcere cui non rinuncia da due mesi. È un pezzo da museo, anzi da asta, e nella vita non si sa mai, è pieno il mondo di cimeli sportivi che hanno salvato una famiglia in tempi difficili. Per la prima volta un giocatore osa fin qui, si frantuma una liturgia decennale: gli scambi di maglie e altro si fanno tra atleti, ma ormai la Guardiolamania dilaga. Al gentile invito di Flint, è però gelo sul prato. Perché Pep, diciamo così, è un tipo un po’ rigido su tante cose, compreso l’abbigliamento: da quando è al City ha imposto un dress code severissimo ai giocatori, che in trasferta girano come damerini tutti uguali, e lo staff tecnico idem.
Alla sua felpa Pep tiene un sacco, insomma sorry, niente scambio: «Ha rifiutato», twitta Flint scornatissimo, ma intanto ha aperto una nuova frontiera.
Di sicuro alla tuta di Marcello Lippi al Mondiale 2006 fu riconosciuto un valore intrinseco: fu battuta a 2515 euro a un’asta benefica per Telethon. Peccato che qualcuno non abbia mai chiesto, ai tempi, il mitico colbacco a Gustavo Giagnoni, chissà che faccia avrebbe fatto, o a Sir Alex Ferguson il suo pulloverino blu con la zip, anzi meglio: nessuno avrebbe garantito sulla reazione. Né è chiaro chi oserebbe mai chiedere a Maurizio Sarri la giacca della sua proverbiale tuta, ma chissà che in caso di impronunciabile vittoria il tecnico non si commuova.
Forse Allegri, in un impeto di bonomia o solo dopo uno scudetto, accetterebbe di scambiare la sua cravatta nera slim, acciughina come lui.
Mentre arriverebbe a prezzi da Sotheby’s l’indimenticabile trench con risvoltone azzurro tenebra, in realtà il cilicio di Gian Piero Ventura la notte di Italia-Svezia: più passavano i minuti, più diventava il sudario della disfatta, e si allungava insieme al mister.
Non è certo la felpa di Pep, profumata di trionfi e di genio, ma vuoi mettere il valore storico.