la Repubblica, 26 gennaio 2018
Quelle tasse a orologeria
Questo è il racconto di come Silvio Berlusconi e il suo ministro dell’Economia Giulio Tremonti decisero nell’estate 2011, pochi mesi prima delle dimissioni, di alzare l’Irpef a tutti gli italiani, a cominciare dalle famiglie meno agiate, e di reintrodurre le tasse sulla prima casa. C’era solo un evidente problema da superare, prima di procedere. Come avrebbe fatto lui, il massimo paladino della detassazione, colui che aveva abolito l’Ici e che fin dal 1994 aveva promesso la flat tax, a far digerire al Paese un clamoroso aumento delle tasse? La trovata fu semplice e geniale: le nuove tasse sarebbero scattate a scoppio ritardato: entro i due anni successivi. L’escamotage, battezzato “clausola di salvaguardia”, la prima di una lunga serie, fu tenuto nascosto il più possibile. Ma quando a novembre Mario Monti sostituì Berlusconi a Palazzo Chigi, la prima grana che si trovò tra i piedi fu proprio questa. Più che una grana, una vera bomba ad orologeria.
Tremenda quella estate: la crisi del debito che ci investe in pieno, i tassi che schizzano in alto, i mercati che non credono più nella solvibilità del nostro Paese. L’Italia è sull’orlo della bancarotta e nei primi giorni di agosto arriva il semi-commissariamento da parte della Bce, con la lettera a doppia firma Trichet-Draghi. È un vero e proprio diktat, con misure pesanti da prendere. Si chiede in particolare una manovra-bis per anticipare al 2013 il pareggio di bilancio, da attuare “principalmente attraverso tagli di spesa”. Cosa fanno Berlusconi e Tremonti? I due hanno già presentato una legge delega con l’impegno a tagliare la spesa sociale: 4 miliardi nel 2012, 16 nel 2013 e altri 20 nel 2014. Meno aiuti ai disabili, meno trasferimenti ai Comuni per i servizi assistenziali. Il governo sa bene che sono misure socialmente indigeribili e comunque incapaci di creare i risparmi attesi. E infatti non le inserisce in un decreto urgente (come sarebbe richiesto dall’emergenza) ma in una legge delega, che per essere applicata impiega lunghi mesi.
Come fare? Servono nuove garanzie, e qui viene il bello. Ancor prima che la fantomatica delega venga approvata, il governo Berlusconi vara in quattro e quattr’otto un decreto legge: se quei risparmi non saranno trovati con sforbiciate alla spesa sociale ( una certezza più che una eventualità), essi arriveranno dal taglio lineare di tutte le agevolazioni fiscali. Ecco cosa dice il comma 1-ter dell’articolo 40 di quel decreto: “I regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale di cui all’allegato C-bis sono ridotti del 5% per l’anno 2013 e del 20% a decorrere dall’anno 2014”. Ebbene, in quell’allegato c’è l’intera politica di sostegno fiscale alle famiglie. Ci sono le detrazioni Irpef per lavoro dipendente e per carichi familiari, ossia gli sgravi basilari che servono a ridurre il carico fiscale soprattutto sui redditi più bassi. Ci sono le agevolazioni per chi ristruttura casa. Ma c’è soprattutto una misura che se scoperta incrinerebbe non poco la figura di Berlusconi come “protettore” della prima casa: il ritorno dell’Irpef sulla abitazione principale per 24 milioni e 200 mila italiani. La misura prevista equivale infatti ad aggiungere al loro imponibile il 20% della rendita catastale.
L’aumento a scoppio ritardato delle tasse è confermato, sia pure nascosto tra i documenti di bilancio, dalle stime dello stesso governo: la pressione fiscale, che Berlusconi aveva promesso di abbassare sotto il 40%, è prevista salire al 44 (Nota di aggiornamento del Def 2011). Sarà Mario Monti, proprio lui, il premier dell’austerità, a disinnescare la bomba Irpef lasciata da Berlusconi e a sostituirla con un aumento differito dell’Iva, misura socialmente discutibile ma molto meno traumatica di un clamoroso aumento dell’imposta sulle persone fisiche. Aumento introdotto in sordina da chi si presenta da sempre e continua a presentarsi come il grande liberatore degli italiani dalle tasse.