la Repubblica, 26 gennaio 2018
Fca, Marchionne dimezza il debito e prepara liquidità per 4 miliardi
Torino Fca dimezza l’indebitamento industriale netto e si prepara a chiudere l’anno con una liquidità di 4 miliardi di euro. In concreto, il gruppo del Lingotto cesserà nel 2018 la lunga traversata nella crisi tornando a generare cassa. I conti del 2017 approvati dal consiglio di amministrazione dicono che «il forno ha cominciato a funzionare», per usare una metafora che piace a Sergio Marchionne. Perché quando le vendite restano invariate a 4,7 milioni di pezzi e il fatturato è inchiodato a 111 miliardi di euro ( comunque una cifra ragguardevole), far salire l’utile lordo di un miliardo ( da 6 a 7) e raddoppiare praticamente l’utile netto (da 1,8 miliardi a 3,5) significa aver messo a frutto gli investimenti degli anni precedenti e farli rendere per uscire dal guado. Nel solo 2017 il gruppo ha generato valore per 2,2 miliardi e si prepara, se gli obiettivi riconfermati ieri verranno centrati, a generare 6,5 miliardi nei prossimi 12 mesi.
Come riuscirà l’ad a centrare l’obiettivo nel suo ultimo anno di guida del gruppo? Ad aiutare l’abbattimento del debito residuo potrebbe arrivare a breve lo spin off di Marelli con la quotazione in Borsa e la distribuzione delle azioni ai soci Fca, seguendo lo schema già utilizzato per Ferrari. Nell’occasione si stima che Fca potrebbe scaricare sulla nuova società circa un miliardo di indebitamento: «Ne discuteremo nel cda di fabbraio», ha detto ieri Marchionne agli analisti. Se la separazione da Marelli avvenisse in tempi brevi, l’amministratore delegato potrebbe davvero presentarsi il 1 giugno prossimo all’investor day di Balocco indossando una cravatta. «Lo farò se quel giorno sarò riuscito ad azzerare l’indebitamento industriale», aveva scommesso con i cronisti a margine della sua recente conferenza stampa di Detroit.
Contrariamente alle ipotesi circolate negli ultimi mesi, quel primo giugno, spiega Marchionne, non verrà annunciato il nome del suo successore. Verrà invece svelato il piano industriale 2018-2022 che il nuovo amministratore delegato dovrà in gran parte realizzare. «Uno degli obiettivi sarà la fine della cassa integrazione negli stabilimenti italiani», aveva spiegato l’ad a Detroit. L’obiettivo era già contenuto nel piano che si chiude a dicembre ma non è stato raggiunto. Ieri Fiom e Fim, con due distinti comunicati, hanno sollecitato l’azienda «a realizzare gli investimenti per le fabbriche italiane». Uno dei nodi da sciogliere è quello delle future produzioni a Pomigliano. «Siamo vicini al varo della piccola Jeep», ha detto ieri mattina ad Automotive News il responsabile del brand, Mike Manley ( uno dei papabili alla successione a Marchionne). È probabile che il nuovo modello possa essere prodotto proprio nello stabilimento campano.
Chiunque sia il successore di Marchionne, sarà chiamato ad eseguire le scelte di Exor. Risanati i conti dell’azienda, gli Agnelli sono ora di fronte all’alternativa: cedere in tutto o in parte la società, magari fondendola con altri costruttori, o rimanere totalmente autonomi investendo da soli per farla crescere? «Abbiamo invitato gli altri costruttori per una partnership. Nessuno si è presentato. Ormai siamo in grado di andare avanti da soli», ha detto ieri Marchionne. Se Jeep venderà 5 milioni di pezzi nel 2022, come ipotizza l’ad, Fca diventerà un gruppo da 8 milioni di auto vendute all’anno. Tra quattro anni saranno sufficienti per l’autonomia?