Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  gennaio 26 Venerdì calendario

«I candidati con lo sponsor? Dobbiamo 90 milioni al Cavaliere». Intervista a Alfredo Messina

ROMA «Io li chiamo contributi laici.
Stiamo facendo tutto alla luce del sole, l’operazione è perfettamente legale, non mettiamo certo in vendita i nostri parlamentari». Il tesoriere di Forza Italia si chiama Alfredo Messina, senatore uscente e ricandidato, ed è l’artefice del documento con cui per la prima volta viene consentito agli aspiranti parlamentari di far versare a un “terzo”, un finanziatore, i 30 mila euro pretesi quale contributo alle casse esangui del partito. Uomo di una certa esperienza con conti e bilanci, oltre che di estrema fiducia di Silvio Berlusconi: da decenni ai vertici delle aziende Fininvest, in particolare di Mediolanum spa di cui è stato vicepresidente fin dal 1995 e poi dal 2015 nel cda di Mondadori.
Come giustificate questa novità, senatore Messina?
«Ma non c’è nulla di strano. È successo che in tanti tra i candidati mi avevano segnalato la possibilità che a farsi carico del pagamento del contributo fosse…»
Un amico.
«Non un amico. Un imprenditore o finanziatore di loro conoscenza.
Abbiamo studiato con alcuni avvocati la percorribilità della soluzione e abbiamo scoperto che era fattibile, perfettamente legale».
L’imprenditore paga e poi detrae.
«Esatto. Ma è previsto dalla legge: è un contributo al partito e in quanto tale detraibile. Ma sia chiaro: se poi il candidato non viene eletto, la somma la restituiamo. Finché sarò io il tesoriere i patti verranno rispettati».
Stavolta esigete il pagamento anticipato, dopo il tonfo in bilancio da mancati contributi dei suoi colleghi.
«Sono diventato tesoriere nel giugno 2016 con un debito di 8 milioni, oggi sceso a 4. Sto chiudendo decine di transazioni con i debitori che pretendono i pagamenti. Si accontentano del 30-40 per cento e via. Abbiamo ridotto da 70 a 10 i dipendenti. Ma non basta».
Perché non basta?
«Abbiamo un’esposizione nei confronti di Berlusconi per 90 milioni, dopo le sue generose fideiussioni».
E il rischio che i vostri parlamentari rispondano a un imprenditore anziché agli elettori?
«Guardi, il vincolo di mandato già non funziona nei confronti dei partiti, figuriamoci verso un terzo finanziatore».
Magari funziona al punto che ne tutela gli interessi in Parlamento.
«Macché! Per 30 mila euro? Ma un parlamentare in cinque anni ne guadagna 500 mila. Vuole che si venda per 30?»
Intanto si fa aiutare per 30 mila.
«Sarà tutto alla luce del sole.
Documentato: il nome del finanziatore, l’ammontare, il beneficiario».
Cosa impedisce al deputato o senatore di presentare un emendamento in suo favore?
«Perché si risalirebbe subito a lui.
Diciamo che non gli converrebbe».