Corriere della Sera, 26 gennaio 2018
Dall’omicidio dei due boss rivali alle minacce su Facebook Ascesa e violenze del clan di Ostia
ROMA C’è un filo che lega il vero romanzo criminale di Ostia, quello scritto negli atti giudiziari, con la malavita romana di trenta o quarant’anni fa. Una continuità che passa dalla vittima dell’omicidio con cui la famiglia degli Spada ha preso il controllo su un pezzo di quel litorale. Si chiamava Giovanni Galleoni detto «Baficchio», ammazzato la sera dell’11 novembre 2011 insieme al suo amico Francesco Antonino, chiamato «Sorcanera». Controllava un pezzo di quartiere, e il nipote Michael Cardoni – uno dei pentiti che ha consentito agli inquirenti di costruire l’accusa di associazione mafiosa – ha raccontato: «Mio zio Giovanni ha iniziato negli anni 90 le sue attività criminali. Nel 1996 o 1997 lui e Franchino Antonini stavano “in batteria” con esponenti di spicco della banda della Magliana, quali Emidio Salomone e Paolo Frau; loro erano “i giovani” di quel gruppo criminale. Poi, crescendo, hanno iniziato a prendere potere e a comandare loro, in particolare dopo gli omicidi di Frau e Salomone».
È una storia di revolverate e guadagni milionari, accumulati grazie al «potere criminale» accumulato da Baficchio sul quadrante di strade dove s’era imposto a Ostia e da «quello ereditato da Salomone e Frau, quindi della banda della Magliana». Soldi con i quali «mio zio, Franchino e un altro socio avevano avviato un affare per acquisire un villaggio a Sharm El Sheik». Poi però il piombo abbattè anche gli «eredi» della Magliana, Galleoni e Antonini. Uccisi su ordine degli Spada, accusano gli inquirenti sulla scorta delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Tra cui Paul Dociu, un giovane rumeno con precedenti per rapina e violenze, assoldato dal clan. Ha raccontato che inizialmente anche lui voleva partecipare «all’omicidio programmato dalla famiglia Spada», poi invece parteciparono «l’egiziano Abdel» Ottavio Spada e l’uruguayano Ruben Alvez, arrestato di recente insieme a Roberto Spada per la testata al giornalista di una trasmissione Rai nel novembre scorso. Dociu li vide in azione, e successivamente sia Ottavio che Roberto Spada gli parlarono del delitto; uno del timore che arrivassero dei siciliani per organizzare una vendetta, l’altro irritato dall’uso di un’auto riconducibile alla famiglia di origini sinti e perciò chiamata anche «gli zingari».
Dopo l’omicidio, rivela ancora Michael Cardoni, «la zona che era di mio zio per quanto riguarda il pagamento del “pizzo” è passata agli Spada. Per esempio al supermercato Conad, il titolare è costretto a pagare il “pizzo” agli Spada. So che lì le “zingare” prelevano la spesa senza pagarla e il titolare è costretto a non reagire per evitare ritorsioni... Le forze dell’ordine sono a conoscenza che i commercianti pagano, ma questi, quando vengono interrogati, rispondono che fanno semplici offerte per i bambini».
C’è il timore delle minacce, estese ai creditori di affari più o meno leciti anche attraverso Facebook. Avvertimenti che possono sembrare semplici «bravate», ma quando arrivano dagli «zingari» assumono un altro peso. La moglie di Cardoni – Tamara Ianni, che ha seguito il marito nella collaborazione – ha consegnato agli investigatori una pagina del «profilo» di suo fratello dove compaiono alcuni messaggi di Silvano Spada, che vantava un credito per l’acquisto di hashish e in maniera un po’ sgrammaticata lo avvertiva: «Domani sera risolvi sennò appena te vedo te pjo a pizze». Era un modo di dire e di fare piuttosto usuale, descritto anche da Cardoni: «Una volta assistetti a un intervento di Carmine Spada su una persona che gli doveva dare 15.000 euro; questo ragazzo non aveva i soldi, Spada lo prese a schiaffi costringendolo la mattina seguente a vendere la macchina per restituirglieli. Erano presenti anche Roberto e Ottavio Spada».
Le telefonate intercettate di uno dei «soldati» del clan Spada sono piene di improperi contro i debitori. Frasi come «ti vengo dentro casa, ti dò un mozzico in faccia e ti strappo tutti i denti, ti spezzo le costole» sono tra le meno aggressive. A parte droga, racket e usura, i guadagni vengono anche dalle installazioni dei videogiochi nei bar e altri locali. Dal carcere, il presunto capoclan Carmine «Romoletto» Spada dava disposizioni ai familiari durante i colloqui: «Digli a Roberto che mi deve andare a prendere i soldi da quello delle macchinette», si sente in una frase registrata nel maggio 2014. Qualche giorno prima, al fratello che era andato a trovarlo dietro le sbarre l’aveva detto direttamente: «Quello delle macchinette... mi deve dare due e due al mese... capito?».