Corriere della Sera, 26 gennaio 2018
Londra, il «redivivo» Boris Johnson discende dalla mummia di Basilea
LONDRA Chi è la mummia? Theresa May o Boris Johnson? La premier appare sempre più ossificata a Downing Street, ma il ministro degli Esteri può vantare adesso una discendenza diretta. Gli scienziati svizzeri hanno infatti scoperto che la mummia di Basilea, rinvenuta nel 1975 nel pavimento di una chiesa, è quella di un’antenata dell’esuberante politico britannico: per la precisione si tratta della sua bis-bis-bis-bis-bis-bis-bisnonna.
La mummia svizzera, che era stata sepolta di fronte all’altare, indossava abiti di buona fattura, segno di appartenenza a una famiglia agiata. Il corpo si era conservato perché pieno di mercurio: che nei secoli scorsi era abitualmente usato per trattare la sifilide. Gli storici sospettavano che si potesse essere al cospetto di una donna della famiglia Bischoff, una delle più in vista di Basilea: ma è stato solo grazie all’esame del Dna estratto dalla mummia che si è potuto stabilire che il corpo era di Anna Catharina Bischoff, nata nel 1719 e morta nel 1787.
Consultando gli archivi, i genealogisti sono riusciti a stabilire la discendenza della mummia. Anna Catharina ebbe sette figli: una di essi, Anna, sposò Christian Hubert, barone Pfeffel von Kriegelstein. Cinque generazioni più tardi, una Marie Luis e von Pfeffel va in sposa a Stanley Fred Williams: la loro figlia Yvonne sposa Osman Wilfred Johnson Kemal e il loro figlio Stanley Johnson non è altro che il padre di Alexander Boris de Pfeffel Johnson, ossia lo spettinato ministro degli Esteri britannico.
Lui non ha fatto commenti sull’antenata, ma in queste settimane appare tutt’altro che mummificato. Prima ha lanciato l’idea del ponte sulla Manica, poi ha chiesto di investire più soldi nel servizio sanitario nazionale come «dividendo della Brexit», beccandosi la reprimenda di Theresa May e di altri ministri.
Tutto un attivismo che non è passato inosservato. Boris si sta posizionando come il campione della Brexit «netta», che vede un taglio deciso con la Ue per perseguire una «Gran Bretagna globale». Le trattative di quest’anno tra Londra e la Ue dovranno infatti stabilire quale sarà la relazione fra il Regno Unito e l’Europa dopo la Brexit, prevista per il 29 marzo 2019. E nel partito conservatore sta già scoppiando la guerra civile sulla destinazione finale.
Il cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond, parlando ieri a Davos, ha chiesto di mantenere uno stretto allineamento con l’Europa. In pratica, una Brexit «morbidissima» che sarebbe tale solo di nome ma non di fatto: e che sarebbe molto gradita alla comunità degli affari.
Ma la sua uscita ha provocato l’immediata reazione degli alfieri di una Brexit dura e pura, che denunciano il rischio di trasformare la Gran Bretagna in uno «Stato vassallo» dell’Europa: formalmente fuori dall’Unione, ma soggetto a tutte le sue regole. Portavoce di questo schieramento è il tradizionalissimo deputato Jacob Rees-Mogg, un personaggio da tenere d’occhio.
Ma non è un mistero che questo sia il punto di vista anche di Boris Johnson. E la rottura della tregua interna al partito conservatore ha fatto ripartire le voci di una sostituzione in corsa della premier. La «vera Brexit» sarebbe la piattaforma ideale per Boris per lanciare la sfida alla leadership. E sistemare nel sepolcro la mummia May.