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 2018  gennaio 26 Venerdì calendario

La saga di Pacolli: «Io come Montecristo»

«Qualcuno mi paragona al Dantès del Conte di Montecristo. Qualcuno scrive che ho aspettato il momento giusto per vendicarmi delle ingiustizie subite, costringendo gli avversari a sottoscrivere a casa mia un accordo dove mi hanno dato praticamente tutto». 
E qual è la verità? «È che io non ho mai smesso di fare politica. Semplicemente, oggi sono una persona-chiave: senza i miei deputati, il Kosovo sarebbe senza governo. Fra pochi giorni celebreremo i dieci anni d’indipendenza. La strada verso l’Europa è quella giusta, ma certa gente non lo è: o s’adegua, o è meglio che se ne vada». Si riferisce al presidente Thaci e al premier Haradinaj, in odore di processo per crimini di guerra? «Io non so di queste cose. Mi riferisco a chi ostacola il nostro cammino, serbo o albanese…».
Nulla è impossibile. Nemmeno il ritorno alla politica internazionale, dopo Berlusconi, anche del «Berlusconi albanese»: Behgjet Pacolli, l’uomo che fu l’effimero presidente del Kosovo per soli 42 giorni e oggi ne è il vicepremier e il ministro degli Esteri, il milionario che restaurò il Cremlino («Andai perfino in biblioteca a studiarmi i bozzetti settecenteschi degli architetti italiani») e ha costruito dal nulla la capitale del Kazakistan, ricordato dalla cronaca rosa per il tormentoso matrimonio con Anna Oxa e da quella internazionale per il burrascoso Russiagate che inguaiò Eltsin.
«Ho vissuto intensamente una parte della storia del mondo, quella a ridosso del crollo dell’Urss», e ora cita una leggenda per raccontarsi nell’autobiografico Nulla è impossibile : «Narrano che a Dio, finita la creazione, fosse rimasto in mano solo un pugno di monti. Per finire in fretta li buttò nel mucchio, un po’ a caso, e creò il Kosovo. Se nasci come me in un villaggio kosovaro che si chiama Marec, non puoi certo dire d’essere stato facilitato da Dio…».
La fortuna non ha mai lasciato Pacolli e fra tre anni, secondo gli accordi del transatlantico di Pristina, gli toccherà candidarsi presidente: «Il Kosovo ha uno straordinario potenziale e la mia generazione, che s’è trovata nel guado dell’indipendenza, ora ha l’obbligo di fare tutto ciò che può». Il Palazzo della Rinascita della capitale kosovara, l’ha costruito lui. L’Astana di Nazarbaev è nata dal nulla su una sua idea e ci fu lui tra chi fece rinascere la Fenice di Venezia.
Famosa la sua amicizia con Eltsin, che gli lasciò riparare la Casa Bianca dopo averla cannoneggiata. «Che persona meravigliosa, Boris…»: anche il Boris che bombardò il Kosovo? «Eltsin era russo, capo d’uno Stato a noi tradizionalmente avverso. Ma il suo atteggiamento fu comunque più positivo di quello che avrebbe potuto assumere Putin. Oggi la Russia vuole risolvere il Kosovo con altre questioni: la paura è che il mio Paese sia usato come merce di scambio sulla scena internazionale».
Da Tito alla Clinton, da Nixon a Gheddafi, da Carla «Crudelia» Del Ponte a Zaha Hadid, a 66 anni l’album della vita di Pacolli è ricco di foto le più imprevedibili: l’impossibile negoziato coniugale con la Oxa e i fallimentari colloqui con Milosevic, le trattative per salvare un ostaggio italiano in Afghanistan e il Gianni Agnelli mollato al Cremlino a far anticamera...
Che i soldi non fossero tutto, glielo fece capire Madre Teresa una volta a Calcutta: la santa lo convinse lasciare l’Hilton, lo mise a dormire gratis in una stanzetta e in cambio si fece dare per i poveri i 200 dollari a notte dell’albergo. Che il potere fosse più interessante dei soldi, glielo dimostrò Berlusconi: «Il vostro Silvio non è mai stato capito. Sento che paragonano Trump a lui… Io so solo che tutti noi, che ci mettiamo tanta energia, raccogliamo tanta invidia. Avrei da raccontare qualcosa anch’io...».