Il Sole 24 Ore, 26 gennaio 2018
Aspettando la Brexit è corsa degli italiani alla residenza in Inghilterra
Brexit sta facendo emergere una folla finora sommersa di italiani che vivono in Inghilterra. L’incertezza legata all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea sta portando decine di migliaia di italiani, alcuni residenti da anni, a voler regolarizzare la loro posizione iscrivendosi all’Anagrafe italiani residenti all’estero (Aire).
I numeri stanno aumentando a un ritmo tale che il Consolato generale di Londra ha superato Buenos Aires diventando il primo al mondo in assoluto per numero di iscritti e mole di lavoro. Gli iscritti all’Aire erano 280mila un anno fa, mentre ora sono 315mila, il numero più alto mai registrato da un consolato, ed entro marzo arriveranno a quota 350mila. Le iscrizioni pre-Brexit erano 1.800 al mese, ora sono tra le 3mila e le 3.200 al mese.
«Siamo letteralmente sotto assedio, – afferma Massimiliano Mazzanti, console generale d’Italia a Londra. – È la sfida più difficile di tutta la mia carriera diplomatica. Brexit ha portato a un’ondata di panico tra i nostri connazionali, molti dei quali residenti qui da dieci anni e passa, che ora vogliono comprovare la loro presenza in Gran Bretagna e pensano erroneamente di farlo con l’iscrizione all’Aire».
L’iscrizione all’Aire infatti fa parte della complessa documentazione da inviare alle autorità britanniche per ottenere il “settled status” o residenza permanente che poi permette di richiedere la cittadinanza britannica, ma non è riconosciuta formalmente dal Governo di Londra come prova di residenza.
La legge 470 del 1988 prevede che un cittadino italiano che vive all’estero per oltre 12 mesi si iscriva all’Aire, ma viene violata da molti connazionali che preferiscono non perdere il diritto al medico di base in Italia.
Le difficoltà del consolato di Londra sono aggravate dal fatto che gli altri due consolati generali in Inghilterra – Bedford e Manchester – sono stati chiusi nell’ambito della Spending Review e quindi ora tutti i cittadini italiani residenti in Inghilterra e Galles gravano sul consolato di Londra con i suoi 50 dipendenti. Il consolato di Francia a Londra, che gestisce un numero simile di cittadini iscritti, ne ha 150.
«Stimiamo che i cittadini italiani residenti in Inghilterra siano oltre 700mila, quindi 400mila devono ancora iscriversi all’Aire – spiega Mazzanti –. L’emersione durerà anni e con le risorse attuali è difficile gestirla».
Per garantire una migliore erogazione dei servizi a favore dei connazionali, l’ambasciatore d’Italia Pasquale Terracciano ha architettato una triplice soluzione al problema: riaprire il consolato di Manchester; potenziare il consolato di Londra; affidare alcuni servizi a esterni. «Nell’ultimo quinquennio la domanda di servizi consolari al consolato di Londra è aumentata del 92% a fronte di una sostanziale parità di organico – spiega l’ambasciatore Terracciano –. Per far fronte alle esigenze dei connazionali, il personale del consolato andrebbe raddoppiato. In attesa di un auspicato potenziamento, si dovrebbe ricorrere a un parziale outsourcing».
Crolla invece il numero di italiani in arrivo in Inghilterra. Per una serie di fattori – le tante incertezze sul dopo-Brexit, l’indebolimento della sterlina, il rallentamento dell’economia – Londra non è più la calamita di qualche anno fa. Impossibile avere cifre precise, ma il consolato stima che gli arrivi siano calati di due terzi.