il Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2018
Parlamento a casa, potere a un premier
Mi è venuta una ‘pazza idea’. Mi è venuta osservando in questi anni o mesi Gentiloni, Letta, Padoan, Calenda, Maroni, Tremonti, Brunetta, Meloni, Di Maio, Di Battista. Persone, per capacità, esperienza o perché portatrici di idee inedite, politicamente decenti, naturalmente per il campionato italiano perché se, come nel calcio, ci fosse la possibilità di rivolgersi all’estero, acquisteremmo sul mercato Angela Merkel, che ci costerebbe sicuramente meno della cifra sborsata dal Paris Saint Germain al Barça per Neymar, le affideremmo il governo per dieci anni e poi, finito il contratto, la rimanderemmo a casa sua.
L’idea è la seguente. I cittadini eleggono direttamente il presidente della Repubblica. Come negli States. Ma a differenza degli Stati Uniti costui non farebbe il premier, si limiterebbe a nominarlo. Come ora in Italia, ma con la differenza che il primo ministro avrebbe totale libertà di scegliersi i suoi ministri, dal mondo politico e dalla società civile, senza stare a badare alla loro provenienza ideologica ma solo alla loro capacità, competenza, creatività. Sarebbe un ‘governo dei migliori’ o, se si preferisce, dei ‘meno peggio’. Costoro potrebbero ‘fare squadra’ senza dover essere costantemente impegnati in ‘baruffe chiozzotte’ che, attualmente, servono solo per smarcarsi, per trovare una collocazione e una visibilità. Il governo dei ‘meno peggio’ sarebbe, nel suo operare con una buona coesione, facilitato dal fatto che le categorie ‘destra’/’sinistra’, vecchie di due secoli e mezzo, non hanno più senso e sono praticamente indistinguibili. Come si vede in questa abominevole, ma anche chiarificatrice, campagna elettorale dove tutti i partiti propongono le stesse cose anche se fingono che siano diverse. Perché tutti sanno quali sono le cose prioritarie da fare nel nostro Paese. Verrebbe eliminato il Parlamento. Un’Assemblea, oltre che estremamente costosa, inutile perché, come sappiamo tutti benissimo, deputati e senatori sono nominati dai segretari di partito o dai loro più stretti sgherri e a loro obbediscono oppure passano disinvoltamente da una formazione all’altra non per convinzioni ideali ma per pura convenienza personale o addirittura per denaro. È il ‘mercato delle vacche’ cui assistiamo da qualche decennio e che negli ultimi tempi ha assunto ritmi parossistici (L’assenza del “vincolo di mandato”, stabilita dalla nostra Costituzione, art. 67, fu decisa in un’epoca completamente diversa, di grandi passioni ideali, per cui nessuno si sarebbe sognato di passare da un giorno all’altro, poniamo, dalla Dc al Pci, casomai si staccavano interi gruppi in dissenso dal proprio partito formandone uno nuovo, come avvenne per il Manifesto dopo le vicende di Praga).
Questa nuova Costituzione eliminerebbe via via anche i partiti, il vero cancro della democrazia liberale, il killer della meritocrazia. Perché nessuno avrebbe più interesse a infeudarsi in questi apparati mafiosi dato che i posti di rilievo verrebbero conferiti, senza interferenze di partito, direttamente e liberamente dal premier e dal suo governo non dovendo ricorrere ad alcun manuale Cencelli. Per le Regioni e i Comuni verrebbe mantenuto l’attuale meccanismo elettorale, ma anche qui il presidente della Regione o il sindaco, liberati dai diktat dei partiti, potrebbero scegliere i propri assessori senza alcuna pregiudiziale ideologica. Resterebbero naturalmente i Referendum, sia propositivi che abrogativi, con forza di legge. E se il governo non funziona? Il presidente della Repubblica cambia il primo ministro che a sua volta darebbe vita liberamente a una nuova formazione, eliminando quelli che si sono dimostrati incapaci e mantenendo, della precedente, quelli che si sono rivelati validi. E se non funziona il presidente della Repubblica, se le sue scelte non convincono? Se ne elegge un altro. Insomma, per disperazione, mi sono creato la mia Costituzione. ‘Pazza idea’? Chissà…