il Fatto Quotidiano, 25 gennaio 2018
Parigi vende moda, non idee: il dress code per i deputati
D’ora in poi i deputati del’Assemblée Nationale dovranno seguire un dress code. È la prima volta che un testo, votato ieri, fornisce delle istruzioni sul vestire decoroso nel Parlamento francese, dove finora vigevano le regole non scritte del buon senso. Una decisione del presidente dell’Assemblea, François de Rugy, che intende riportare un po’ d’ordine in Parlamento, come se fosse a scuola, mettendo fine alle “stravaganze”, secondo le sue parole, di alcuni deputati. Tutto è iniziato quando, lo scorso dicembre, un giovane deputato della France Insoumise, il partito di sinistra di Mélenchon, si è presentato in Parlamento con la maglia, verde e con tanto di sponsor, di una piccola squadra di calcio della Somma, la sua regione. Un gesto militante per l’“indomito” François Ruffin in favore di una tassa sui trasferimenti multimilionari nel calcio. Ruffin, eletto sulla scia del successo del suo film “Merci Patron”, che aveva alimentato le proteste contro la Loi Travail dello scorso anno, è un habitué delle trovate a effetto, che cominciano a infastidire de Rugy, del partito En Marche del presidente Macron. Appena eletto deputato Ruffin aveva annunciato che avrebbe dato gran parte del suo stipendio in beneficenza, tenendo per sé solo il minimo salariale. E forse de Rugy non ha dimenticato che mentre lui prendeva ufficialmente le nuove funzioni di presidente del Parlamento, ed erano tutti in abiti scuro, solo Ruffin spiccava con la sua camicia immacolata, senza giacca né cravatta, e gli occhi incollati allo smartphone. “Se l’autoregolazione non basta più, bisognerà ricordare quali sono le regole”, ha dunque finito col reagire de Rugy, che ha sanzionato Ruffin con una multa di 1300 euro, da scalare dagli stipendi. Il nuovo dress code precisa che i deputati dovranno portare abiti “da città” e che il loro abbigliamento deve essere “neutro”. Cioè: “L’abito non deve essere usato per esprimere opinioni. È dunque proibito portare segni religiosi ostentati, un uniforme, un logo, messaggi commerciali o slogan di natura politica”.
Per Ruffin il nuovo regolamento è solo un modo per “mettere le manette” all’opposizione: “Temono che l’Assemblea diventi una tribuna popolare”, sostiene. Con le ultime legislative, l’ingresso in massa di deputati della France Insoumise, tanti volti nuovi, estranei al mondo formattato della politica, ha movimentato la vita del Palais Bourbon.
Mélenchon ha ufficialmente abolito la cravatta per sé e per i suoi: “Ci sono stati i Sans-culottes, ci saranno ormai i Sans-cravates”, è il suo slogan. Un giorno gli “indomiti” hanno brandito in aula decine di Codici del Lavoro per opporsi alle riforme in favore del precariato. Un altro sono arrivati con pacchi di pasta e barattoli di conserve per protestare contro il taglio delle sovvenzioni sull’affitto per i più poveri. Tutto questo sarebbe ormai vietato, almeno su carta. Il nuovo dress code non parla invece di cravatte o giacche obbligatorie. I deputati sono dunque ormai ufficialmente autorizzati a limitarsi alla camicia.
L’usanza per cui era l’usciere a far notare eventuali sconvenienze nell’abbigliamento di un deputato prima che questi prendesse posto sulle gradinate fa parte del passato. Oggi non avrebbe fatto più tanto scalpore la rivoluzionaria giacca col collo mao indossata negli anni 80 da Jack Lang, allora ministro della Cultura.
Né il testo dice se sì o no le deputate saranno libere di portare dei vestiti estivi a fiori senza subire i fischi e le risatine dei colleghi maschi, come era capitato nel 2012 a Cécile Duflot, all’epoca ministra della Casa.