Il Messaggero, 25 gennaio 2018
Breve ritratto di Luca Guadagnino
Nato a Palermo nel 1967 da madre algerina e padre siciliano ma vissuto fino a sei anni in Etiopia, laureato in Lettere alla Sapienza di Roma con una tesi su Jonathan Demme, residente a Milano ma di casa a Los Angeles, Luca Guadagnino è uno dei pochi registi italiani di statura internazionale.
Ammirato all’estero, da noi è quasi sconosciuto: dei suoi film, è stato un successo commerciale solo Melissa P., tratto nel 2005 dal best seller erotico Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire. Sono rimasti confinati al giro dei festival, e spesso hanno diviso la critica, tutti gli altri: dall’eccentrico The Protagonist al mélo Io sono l’amore al noir A Bigger Splash. Guadagnino, l’«alieno» che fa rientrare l’Italia all’Oscar dalla porta principale, è uno degli autori più sofisticati che il nostro cinema abbia mai avuto. Superbo gusto estetico, carattere per niente accomodante, che lo ha portato spesso a polemizzare (come nel 2010, quando il film di Virzì La prima cosa bella venne scelto per rappresentare l’Italia all’Oscar al posto di Io sono l’amore), il regista ha come numi tutelari Bernardo Bertolucci, a cui ha dedicato un bel documentario, e Tilda Swinton, che l’ha sempre incoraggiato e aiutato a trovare i finanziamenti.
Lavora da 25 anni con le stesse persone, come il montatore Walter Fasano. Si vanta di aver sempre fatto «i film che volevo, come li volevo, cioè con grazia e leggerezza, ad eccezione di Melissa P.». Ma niente recriminazioni. Oggi che Hollywood s’inchina ai suoi piedi, l’alieno Guadagnino provare soltanto gioia.