Libero, 24 gennaio 2018
A Napoli si campa quattro anni di meno
Sono un fortunato: sono nato a Napoli ma vivo altrove, e per questo camperò, statistiche alla mano, più a lungo dei miei ex conterranei.
La notizia: nascere e abitare nel Meridione d’Italia, e in particolare nella zona metropolitana di Napoli, significa avere l’aspettativa di vita più bassa di tutta Europa. In media, otto anni in meno rispetto a chi nasce e abita in una grande città europea, tre anni in meno, grosso modo, rispetto ai fiorentini e ai milanesi. Numeri impressionanti: la media nazionale, per quanto riguarda gli uomini, è di 80 anni e un mese. Per le donne, 84 anni e 6 mesi. Il primato spetta a Trento: 81,2 anni per gli uomini e 85,8 per le donne. Napoli, fanalino di coda italiano ed europeo: 77,9 e 82,3.
«Vedi Napoli e puoi muori» non è più solo un modo di dire che ha fatto il giro del mondo: tragica realtà. La vedi, finisci in ospedale e schiatti. La vedi, ti fai un giretto e arrivi all’altro mondo.
Lo certifica l’Istat (dati aggiornati al 2015) e lo ribadisce l’Istituto Superiore di Sanità sulla base dell’ultimo rapporto “Osservasalute” dell’Università Cattolica di Roma. Una tragedia (e un’emergenza) nazionale: dalle 500 pagine del rapporto emerge che la Campania colleziona record negativi su record negativi, alcuni legati allo stile di vita, altri al disastro regionale ormai cronico.
SCARSA PREVENZIONE
È qui che c’è il più alto numero di persone obese, qui quelle che fanno meno attività fisica, sempre qui quelle meno attente alla prevenzione (non perché autolesionistiche ma perché i presidi pubblici scarseggiano e quelli privati non sono sempre economicamente sostenibili). E non basta: «In Campania», come spiega Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, «le diagnosi sono più tardive che altrove, i farmaci innovativi sono meno disponibili e le strutture ospedaliere sono maggiormente inefficienti».
È una regione ingorda, la Campania: si è mangiata tutti i primati negativi, senza lasciare agli altri neppure le briciole. E col passare degli anni è riuscita a battere persino se stessa: nel 2016 l’aspettativa di vita a Napoli e zone limitrofe era di 78,5 anni per gli uomini e 83,3 anni per le donne. Divario rispetto al resto d’Italia: un anno e otto mesi. La situazione reggeva ancora. Poi il precipizio, complice anche il perdurare della crisi economica. Al di là dei numeri e delle statistiche che dicono fino ad un certo punto e dei rapporti sulla Sanità regionale: la Campania, con epicentro Napoli, ha un tasso di disoccupazione fra i più alti in Italia. Una buona fetta della popolazione tira a campare alla meno peggio. Una vita senza prospettive, senza soddisfazioni ed entusiasmi e piena di rabbie, è una vita che inevitabilmente si accorcia. Un po’ di più se il degrado non diminuisce e addirittura aumenta e se sopraggiungono lo sconforto e la quasi certezza che il futuro non riserverà nulla di buono. Come vivere immersi in una palude, che non è proprio il luogo più adatto per raggiungere i cento anni e neppure i novanta.
DUE ITALIE DIVERSE
È come se ci fossero, spiega Walter Ricciardi, «due Paesi diversi», ognuno dei quali va per la propria strada. Un epitaffio, oltre che la constatazione di un dato di fatto, con tanti saluti a chi, forse per superficialità, continua a parlare di un Nord razzista che ce l’avrebbe con il Sud. Le balle muoiono giovani, come i napoletani, purtroppo. E i rifiuti tossici, le discariche a cielo aperto e l’inquinamento c’entrano ben poco. Cartina di tornasole: a Taranto, dove non si fa altro che parlare di inquinamento industriale, l’aspettativa di vita è di 80,2 anni per gli uomini e 85 per le donne. Più alta rispetto alla media nazionale. Stessa cosa a Milano, dove primeggiano polveri sottili e blocchi del traffico, e a Roma che dal punto di vista dell’inquinamento non se la passa meglio. Da notare: nella classifica nazionale, tutte le città che hanno un’aspettativa di vita inferiore alla media italiana stanno al Sud, tranne Genova, che però capeggia il gruppo delle ultime. Si parte da Reggio Calabria e si sprofonda fino a Napoli, passando per Benevento, Avellino, Palermo, Salerno, Catania, Messina e Caserta.
Due Paesi davvero diversi, ma non è una novità. Ai primati negativi del Sud siamo abituati, e mica da poco. Altra non novità: con il passare del tempo, pare che l’aspettativa di vita diminuisca (alla faccia di ciò che dicono le leggi pensionistiche) in tutta Italia, e al Sud di più. Eravamo conciati male. Ora stiamo ancora peggio.